lunedì, novembre 02, 2009

Aldo, Federico e gli altri

Tanti i casi di presunte violenze delle forze dell’ordine Sentenze spesso morbide, pochi colpevoli

Stefano Cucchi , il ragazzo arrestato a Roma il 15 ottobre per il possesso di stupefacenti e trascinato come una cosa tra la camera di sicurezza della Stazione “Tor Sapienza” dei carabinieri e il reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini, non è uscito vivo dall’impatto con il sistema repressivo. Ora è sulle pagine dei giornali e fissa i lettori con i 37 chili del suo corpo martoriato. Cosa gli è successo? Davvero ha ragione chi ha avuto il coraggio di scrivere che la sua triste fine è da attribuirsi a “presunta morte naturale”?

In realtà, negli ultimi anni, sull’altare della sicurezza sono state sacrificate decine di persone. Si è cominciato, per contare le vittime a partire dal 2005, con il diciottenne Federico Aldrovandi, massacrato da quattro agenti di polizia a Ferrara, il 25 settembre di quell'anno. Di lui, i responsabili della sua morte hanno prima detto “che sembrava un albanese”, poi che si era ammazzato da solo prendendo a testate un muro. In gergo viene definita “crisi psicomotoria”: la stessa che è stata affibbiata anche a Giuseppe Casu, sessantenne di Quartu (Cagliari), trascinato via dalla piazza dove vendeva fichi d’india e rinchiuso per un Trattamento Sanitario Obbligatorio nell’ospedale di Is Mirrionis. Nel nosocomio nessuno fa domande. L'ambulante viene sedato e legato al letto. Lo stesso letto dove, il 9 ottobre del 2006, Giuseppe Casu muore.

UNA COSA simile succede a Riccardo Raisman, 34 anni, di Trieste. Si tratta di un ragazzo affetto da una sindrome schizofrenica contratta nel corso del servizio militare, a causa di ripetuti atti di nonnismo: un problema che gli ha lasciato in eredità una fobia nei confronti di chi indossa la divisa. Ebbene, il 27 ottobre del 2006 Riccardo Raisman è felice. Il giorno dopo avrebbe dovuto iniziare a lavorare e festeggia l’avvenimento facendo un po’ di baccano. Qualcuno chiama la polizia ma Raisman si guarda bene dall’aprire. Intervengono i vigili del fuoco, che sfondano la porta mentre gli agenti irrompono nella casa. Quando Raisman diventa cianotico è troppo tardi. Alcuni vicini di casa riferiranno di aver sentito dei rantoli, poi più nulla: Riccardo è morto.

ANCHE PER il falegname Aldo Bianzino, 44 anni, di Pietralunga (Perugia), i familiari e gli amici invocano verità e giustizia. Come il romano Stefano Cucchi, Bianzino era stato arrestato per il possesso di stupefacenti e portato nel carcere Capanne. Qui, il 14 ottobre del 2007, Bianzino muore in circostanze quantomeno misteriose viste le lesioni agli organi interni accertate dall’autopsia.

Nella macabra lista delle vittime dell’ordine pubblico troviamo poi Giuseppe Torrisi , 58 anni, un clochard di Milano ucciso a botte da due agenti di polizia ferroviaria alla stazione Centrale, il 6 settembre del 2008. Dopo aver compiuto il misfatto, i tutori dell'ordine hanno pensato di compilare un falso verbale accusando Torrisi di averli aggrediti con un taglierino.

Non è la prima volta che accade. Per lo stesso Gabriele Sandri, classe 1981, ucciso da una pallottola esplosa dall’agente Luigi Spaccarotella l’11 novembre del 2007, si è parlato di mistificazione, anche se il responsabile di quell'assurda morte è stato processato e condannato a una pena da molti ritenuta troppo lieve. Per contro c'è anche chi non riesce neppure a sottoporre attraverso un processo il suo caso all’attenzione dell’opinione pubblica. Il discorso vale per il ventiduenne Manuel Eliantonio, un ragazzo di Pinerolo che, la mattina del 23 dicembre del 2007, viene sorpreso dalla polizia alla guida di un auto rubata. Tradotto nel carcere di Marassi, Manuel va incontro a un calvario allucinante. Visitato in prigione, ostenta evidenti segni di maltrattamenti, eppure nessuno riesce a fare nulla finché, il 25 luglio del 2008, la signora Maria non viene messa a conoscenza dell’avvenuto decesso del figlio.

A VOLTE, PER incontrare la morte, non è neppure necessario commettere un reato. Il senegalese Chehari Behari Diouf, 42 anni, residente a Civitavecchia (Roma), non ha fatto null’altro di diverso dallo starsene seduto nel giardino di casa sua. L’ispettore di polizia Paolo Morra ha avuto da ridire e, accusando Diouf di schiamazzi, gli ha scaricato addosso il fucile, uccidendolo il 31 gennaio del 2009.

Più fortunato di lui è stato un altro ragazzino di nome Rumesh Rajgama Achrige , un writer diciottenne di Como che, il 29 marzo del 2006, nel corso di un banale controllo, si è ritrovato ridotto in fin di vita da un colpo di pistola sparato contro di lui da uno dei vigili urbani che, negli ultimi anni, la giunta comunale del comune lombardo ha ritenuto di dover armare.

Dalla tragedia di Achrige alla fine di Stefano Cucchi, le similitudini si colgono quantomeno nella difficoltà con cui gli organi preposti diffondono informazioni attendibili sui casi di morti da ordine pubblico. Stefano Cucchi, in attesa di ulteriori accertamenti, potrebbe essere l’ennesimo anello di questa catena. Ma ora che le orbite tumefatte del ragazzo gridano vendetta al cospetto di ogni residuo di coscienza collettiva sarà possibile dare un senso a quegli slogan di “verità e giustizia” che comitati sparsi in tutto il Paese chiedono per le numerose vittime delle forze dell’ordine?

da Il Fatto Quotidiano n°35 del 1 novembre 2009

7 commenti:

Anonimo ha detto...

oggi durante la pausa pranzo mi sono fermato a riposare nel parcheggio che cè davanti lelio catella (Alcamo),si avvicina una pattuglia dei carabinieri che mi chiede i documenti.....io gli rispondo che non facevo niente di male e che cmq i documneti glieli potevo dare questi mi guardano e se ne vanno,quasi come se mi facessero un favore...

Anonimo ha detto...

Quando s'insedia un governo che fa della discriminazione e del razzismo latente i suoi cardini, è normale che le c.d. forze dell'ordine si sentano dotate di un plenum di poteri che non gli appartengono

Anonimo ha detto...

Cerchiamo di non cadere nell'errore di fare tutta l'erba un fascio.
Pasolini nel 68 la definiva "la guerra tra poveri" alludendo agli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine.
Bisogna rimanere calmi e cercare di valutare le cose in maniera obbiettiva.
Esistono persone che agiscono in maniera assurda sia tra i normali cittadini sia tra le forze dell'ordine.
Accertare la verità in questi episodi farebbe bene solo alle forze dell'ordine in modo da potere allontanare dal lavoro questi elementi così pericolosi.
Chiudere la vicenda senza un colpevole (cosa che in Italia succede molto spesso) serve solo ad alimentare un clima di tensione verso le forze dell'ordine.
Accertare che gli agenti abbiano agito secondi precisi ordini o in maniera arbitraria è molto importante.
Cerchiamo però di non fare discorsi assoluti e universali perchè poveri disgraziati siamo noi e poveri disgraziati sono loro.
Dieci anni fà avrei fatto altri discorsi ma il lento scorrere della vita giorno per giorno e l'assistere a fatti di ogni genere mi ha portato a queste conclusioni.
Saluti.

Fabio ha detto...

interessante pezzo! Una terra dove si muore di polizia è una terra che ha perso! Ne ho scritto uno anch'io raccogliendo in un macabro elenco alcuni casi di (in)giustizia. Ve lo giro. Saluti, Fab

http://www.agoravox.it/Cucchi-Aldovrandi-Sandri-Giuliani.html

Anonimo ha detto...

Grillo vuole fondare un comitato vittime dello stato...ci vuole! Ne parla nel video

http://www.youtube.com/watch?v=GL6CXZvQ7ZU&fmt=8

Anonimo ha detto...

G8, scuola Diaz: Mark Covell, giornalista inglese, aggredito da alcuni agenti davanti la scuola e rimasto per 5 giorni in coma! Il PM continua: "La seconda particolarità è che l'azione brutale non è avvenuta al buio e da parte di contingenti fuori controllo, ma alla presenza della crema dei dirigenti della polizia italiana". Il giornalista resta agonizzante sull'asfalto per 19 minuti, prima che lo soccorra un'ambulanza. E i funzionari sono lì, in piedi. Imperturbabili.

Fabio ha detto...

a Parma un altro giovane muore in cella: Giuseppe Saladino! E’ una strana epidemia!