sabato, ottobre 29, 2011

Indagine della commissione europea sui lavori al porto


"Dissequestrato lo scorso Luglio ma i lavori non sono mai realmente iniziati!!"
Allo stato attuale il cantiere del porto di Castellammare si trova ancora chiuso e nessuno è in grado di fornire notizie sullo stato delle cose. Recentemente, lo scorso Luglio (come scritto qua: http://www.castellolibero.com/2011/07/la-lunga-storia-del-porto-di.html ), il cantiere era stato riaperto ma i lavori stentarono a partire per questioni burocratiche ancora non del tutto chiare. Negli ultimi tempi si è cercato di dare risposte alle tante domande, ma sta di fatto che il cantiere rimane ancora oggi chiuso.
È di oggi la notizia che la Commissione Europea si sta interessando ai lavori del porto di Castellammare. Nella sede dell’ assessorato regionale infrastrutture e mobilità si è tenuta una riunione in cui si è proceduto al controllo dei conti e della corretta gestione dei finanziamenti europei. Il porto di Castellammare è quindi stato scelto dalla Commissione Europea tra i tanti cantieri dove al momento sono in corso lavori pubblici. La verifica della regolarità dei fondi pubblici dovrebbe essere fatta periodicamente su tutti i fronti per evitare frodi e soprattutto per evitare che si sprechino soldi pubblici. Secondo il mio parere è fondamentale il controllo della Unione Europe, in questo modo si lavora nel rispetto della legalità e nel rispetto dell’ambiente. Speriamo che questa sia la volta buona e che non ci siano altri intoppi burocratici.
Quindi non ci rimane che aspettare, ancora una volta, che tutto si risolva nel più breve tempo possibile. Attendiamo ulteriori informazioni.
Emanuel Butticè
Fonte: Giornale di Sicilia

lunedì, ottobre 24, 2011

"La terra dei fuochi" la terra di tutti!


L'inviato di Striscia la Notizia Luca Abete torna nella "Terra dei fuochi" in provincia di Caserta. Qui si continua a bruciare tutto, dalla plastica ai copertoni, dall'amianto a molti altri rifiuti tossici. L'indecente spettacolo si scorge tutti i giorni, sempre lo stesso, sempre più indecente, con queste colonne di fumo nero sotto gli occhi di tutti i passanti e i contadini del luogo che come da copione non vedono e non sanno niente. Queste non sono le terre dei casertani, dei campani, sono le terre degli italiani, e a tutti gli italiani dovrebbe venire la pelle d'oca per quello che quotidianamente accade . Le forze dell'ordine, come si vede nel servizio fanno fatica ad arrivare e ad intervenire tempestivamente per la carenza di mezzi e uomini (o almeno spero che sia questo il motivo). Quindi questo non è solo un problema campano, succede anche dalle nostre parti sotto i nostri occhi. Ci stanno avvelenando! Per questo motivo vorrei sollecitare la coscienza di tutti, invitandovi ad informare tempestivamente le forze dell'ordine in caso vi troviate in situazioni analoghe a quelle di Luca Abete.

Emanuel Butticè

Ecco il servizio di Luca Abete del 24/10/2011:

http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?13802


Bruxelles: domanda su Berlusconi. E Sarkozy e Merkel ridono


Fonte: www.youtube.it

venerdì, ottobre 21, 2011

I FURBETTI DEL CENSIMENTO!!!


Come ben sapete il 9 ottobre 2011 si è avviata la campagna di censimento della popolazione italiana e fino a qui nulla di strano, se non fosse per quel gruppetto di persone che cercano, come spesso accade, di approfittare delle categorie più deboli (gli anziani!); come si suol dire “l’occasione fa l’uomo ladro”!

Il fenomeno che si sta verificando è davvero triste e indegno: consulenti e sindacalisti impegnati nella compilazione dei questionari ISTAT per la “modica” cifra di 50 euro!

Peccato che il comune abbia selezionato 34 rilevatori, il cui compito è proprio quello di aiutare le persone in difficoltà, soprattutto anziani, a compilare il questionario GRATUITAMENTE.

Esorto tutti a diffondere il messaggio: i questionari verranno compilati con l’ausilio dei rilevatori, laddove necessario, e soprattutto gratuitamente!

Mi complimento, invece, con i furbetti che grazie a questo giochetto guadagneranno un “onesto” gruzzoletto.

Lorena Vivona

giovedì, ottobre 20, 2011

Asino chi rispetta la legge

Riporto un post tratto dal Blog di Vittorio Zucconi, direttore di Repubblica.it e di Radio Capital.
Lo butto li, come semplice spunto di riflessione...


Ma con quale faccia possono un presidente del Consiglio, un governo, una maggioranza e i loro sempre più disperati e quindi rabbiosi fan, che pretendono – e a volte ottengono – immunità e impunità, che intervengono per fanno uscire una vagabonda dalla Questura dichiarandola nipote del presidente egiziano e la passano in custodia a una prostituta, che demoliscono i magistrati definendoli dementi, che tagliano i fondi alle Forze dell’Ordine, che nominano ministri come Brancher costretto a dimettersi prima ancora di essere entrato nel suo ufficio, lamentare che in Italia i criminali da strada siano severamente puniti ai sensi della legge? In una famiglia, sono le figure d’autorità coloro che devono dare l’esempio ai figli. La legge dovrebbe essere la legge, e dunque i reati reati, che si tratti di un ministro, di un finanziere o di un asino violento con la felpina nera. Ma questi sono discorsi di destra e in Italia, invece della destra, c’è quella grottesca parodia chiamata Pdl e puntellata dalla Lega.


Vittorio Zucconi
(Fonte: zucconi.blogautore.repubblica.it)

mercoledì, ottobre 12, 2011

L'Opera dei Pupi di Palazzo Crociferi

Eccola l'ennesima burla spacciata per rinnovamento, come se la gente intorno giocasse ancora con il ciuccio. Mi fa venire in mente il gioco di prestigio che mi faceva mio zio quando avevo 3 anni: mi aveva convinto che lui poteva fare l'uovo come qualunque gallina! E me lo dimostrava, lo faceva davvero... Poi, qualche mese dopo, ho scoperto che l'uovo lo prendeva dal frigo e ci si sedeva sopra (senza romperlo!) per poi fare tutta la sceneggiata della gallina. Qua sembra la stessa cosa. Lo stesso gioco di prestigio maldestro e malriuscito fatto da un prestigiatore veramente scarso.

Rinnoviamo la politica! Largo ai giovani! Via i vecchi volponi politicanti dalle stanze dei bottoni! Democrazia dal basso! Tutti slogan acclamati dal popolo che al cambiamento ci aveva creduto davvero. Tutti slogan irrimediabilmente vuoti e di mera facciata.

lunedì, ottobre 10, 2011

In trincea perché racconto la mafia

Lettera aperta di Giacomo Di Girolamo, giornalista siciliano finito nel mirino delle cosche. "Parlo della facilità con cui i politici corrotti fanno carriera e gli imprenditori collusi vincono appalti. Ho sempre incassato in silenzio, ora dico basta"

di Giacomo Di Girolamo

Pubblichiamo la lettera aperta di Giacomo Di Girolamo, un collega coraggioso e puntuale, direttore di una radio (Rmc101) e di un portale di informazione a Marsala. Nei mesi scorsi ha scritto un libro/lettera aperta su Matteo Messina Denaro ed è stato ospite da Santoro.

Faccio il giornalista in Sicilia occidentale da quando avevo 14 anni. Ho imparato tanto in questi anni, soprattutto che raccontare le cose è molto più difficile che inventarle. Da un po’ di tempo a questa parte registro un’escalation di reazioni scomposte ed incivili alle inchieste su fatti piccoli e grandi che scrivo ogni giorno sul mio portale, www.marsala.it, o che racconto nella radio che dirigo, Rmc 101, la radio di Marsala. Minacce, diffide, querele. Che si aggiungono al solito repertorio: saluti levati, telefonate, avvisi più o meno chiari, invio di messaggi tramite terzi.

Credo che un po’ di rogne derivino dalla campagna elettorale prossima ventura, dove molti, tanto per cambiare, si giocano tutto. A maggio 2012 si vota per il rinnovo dei sindaci e dei consigli comunali dei più importanti comuni della mia provincia. E siccome ormai tutta la politica è schiacciata sulle elezioni (nel senso che non si parla più di programmi, di idee, ma solo di alleanze e di candidature), il momento del voto è una specie di coito, lo sfogo di tutto un sistema. In giro ci sono tanti impotenti, ma non sanno (ancora) di esserlo. Ecco perché c’è questo nervosismo. Ma c’è di più. Perché – isteria della politica a parte – c’è davvero qualcosa che vogliono scippare a me ed alla nostra redazione: il nostro punto di vista. La capacità di dire ciò che pensiamo sulle cose che raccontiamo. A molti fa scandalo, questo nostro rifiuto ideologico del copiaincolla di ciò che accade intorno a noi. Ma è il nostro approccio naturale. Raccontiamo la facilità con cui i politici corrotti fanno carriera, o gli imprenditori collusi vincono appalti. Tutti i colori della nuova mafia. Le colate di cemento sulle nostre coste. Cose di questo genere. E non cerchiamo persone che la pensino come noi, piuttosto cerchiano persone che pensano, punto e basta. E che magari vogliono sapere e confrontarsi, perché si sentono cittadini, prima ancora che spettatori. Su querele, minacce, diffide e paccottiglia varia che ricevo ho tenuto fino ad ora un atteggiamento di basso profilo. Una scelta mia, che in redazione non hanno sempre condiviso. “Dovresti parlare di tutto quello che subisci – mi è stato rimproverato – non puoi rispondere a colpi di fioretto a chi ti insegue con la ruspa”. Io invece ho sempre pensato che tutto ciò dovesse restare fuori, quasi per pudore. Anche perché non sopporto il giornalismo gridato (io lo chiamo “resistente”, in anteposizione al nostro modo “residente” di raccontare le cose), che vede minacce e aggressioni anche quando non ci sono, e che ha permesso di facilitare carriere e di creare idoli nel vasto e contraddittorio mondo dell’antimafia siciliana.

Una querela non ti rovina la vita, ho sempre pensato. Una minaccia non ti fa chiudere in casa. Una diffida maldestra non può farti rabbuiare. Fa parte del gioco. Come il mal di schiena per un manovale. Una querela certo non ti rovina la vita. Ma due, tre, dieci, magari si. I carabinieri che arrivano a casa per notificare un atto, ad esempio, o che ti chiamano in caserma per un interrogatorio tanto semplice quanto lunghissimo (tre domande, due ore). L’ansia della raccomandata contenente l’atto giudiziario. E poi, il dover riprendere le cose scritte, capire cos’è che non va, preparare un minimo di difesa (anche se è mortificante doversi difendere su cose che sono banali, stupide e, soprattutto, vere), respirare profondamente e fare finta di nulla, minimizzare, chiamare l’amico avvocato (che non ringrazi e non ringrazierai mai abbastanza), fare il punto, e andare in tribunale…

Tutto questo, sì, avvelena il sangue, te lo fa diventare cattivo. E ti rende strabico. Perché un occhio lo devi rivolgere alle minacce che ti arrivano dall’alto, ai “potenti” dalla querela facile: tanto a loro denunciare non costa nulla, e in caso di sconfitta non pagano nulla. A te, quanto meno, ti hanno rovinato un po’ la vita e fatto spaventare.

L’altro occhio invece deve guardare in basso, a quello che avviene per strada. Negli ultimi mesi due miei fraterni amici (perché queste sono le persone che lavorano con me, prima di tutto, fratelli e amici) hanno ricevuto, rispettivamente, una minaccia di morte ed un paio di promesse di “lignate”. Ci abbiamo riso su. Ma io ho da allora un pulcino nello stomaco un po’ più grande del solito. E si aggiungono, queste minacce, alla mia collezione personale. Da “giornalista tu sei il primo della lista” a “sei un uomo solo con il tuo computer”.

La mia giornata lavorativa tipo, ormai, sta diventando quella di una specie di p.r. dei corridoi dei tribunali. Mi notificano un atto, un altro lo preparo io, mi vedo con l’avvocato, tranquillizzo l’editore, recupero materiale d’archivio e preparo memorie.

Faccio un esempio concreto. Qualche giorno fa ero sul punto di terminare una giornata di lavoro abbastanza tranquilla. Avevo messo a punto una costituzione in giudizio per una richiesta di risarcimento danni assurda (ma l’assurdità purtroppo non dispensa dal comparire in giudizio) da parte di un tizio coinvolto in un’operazione di mafia, e dal tribunale di Marsala veniva la notizia della richiesta di un’archiviazione su un altro procedimento che riguarda una querela per aver raccontato alcuni fatti di mafia della Valle del Belice. Insomma, ero tutto contento, quando mi arriva – gridata a mezzo stampa - la querela del sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà, del Partito democratico, per il quale “ledo anche la dignità della professione che rappresento”. Addirittura.

La mia attività "criminosa" citata dal signor Caravà è stata quella di aver pubblicato estratti del suo programma elettorale, dichiarazioni, e alcuni precedenti della sua fedina penale, e di averlo intervistato per chiarire il suo pensiero circa casinò (ne vuole aprire uno a Campobello…), sanatoria delle case abusive e via dicendo. L'intervista, integrale e senza tagli, è pubblicata sia su www.marsala.it (in due parti) che nel canale YouTube della nostra testata, ed in sintesi, sul mensile S. Questo a dimostrazione di quanto sia cura mia, e dei miei collaboratori, di lavorare sempre senza approssimazioni, ascoltando più pareri possibili, ed evitando filtri al racconto delle cose.

Eppure mi sento di ringraziarlo, Caravà. Perché il suo comunicato stampa è stata per me la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E adesso dico basta. Tant’è che prima cosa ho fatto un gesto per me inedito: ho scritto ai giornalisti della provincia dicendo che non sarebbe stato permesso a nessuno – questa volta – di dare la notizia della querela di Caravà con il sorrisino complice. Come se io fossi Pierino la peste e lui il saggio che ha perso la pazienza. Perché ogni volta avviene questo. Quando il potente di turno ti minaccia querela, non trovi mai l’interesse a capire la verità, anzi, sono tutti lì che si danno gomitate nei fianchi: “Ma come dobbiamo fare con Di Girolamo….” E giù risatine e ammiccamenti di sorta.

Gliel’ho scritto bello chiaro, ai miei colleghi di ogni ordine e grado: sbandierare e minacciare querele ai quattro venti non può trovare nella comunità dei giornalisti locali una ricezione morbida e appagante, "inaudita altera parte". E li ho invitati a riflettere tutti insieme - come giornalisti e comunicatori - sull'esistenza o meno nel nostro territorio di tutte le condizioni per svolgere un giornalismo libero da condizionamenti. Ho visto che molti hanno compreso, e che il loro atteggiamento è cambiato.

Poi, ho deciso di scrivere questa lettera aperta. È questo il mio primo atto di ribellione allo stato delle cose nel mondo dell’informazione in Sicilia, qui, oggi. Sono stanco di incassare in silenzio. Spero di non essere il solo, e che il mio gesto possa essere d’esempio e di incoraggiamento per quanti cercano ancora di portare avanti – con passione – questo mestiere dannato e bellissimo.

http://www.rassegna.it/articoli/2011/10/05/78781/in-trincea-perche-racconto-la-mafia

mercoledì, ottobre 05, 2011

Il sindaco nomina un nuovo assessore: Alessandra D’Aguanno, eletta nel Pdl, lascia il consiglio comunale ed entra nell’esecutivo.


Nuovo assessore nella giunta comunale: il sindaco Marzio Bresciani ha nominato Alessandra D’Aguanno, 24 anni, studentessa universitaria. Alessandra D’Aguanno lascia, dunque, il consiglio comunale dove, nel 2008, è stata la prima eletta nella lista del Pdl (Giovanni Pilara primo dei non eletti) e da qualche tempo si era dichiarata indipendente. Con l'ingresso di Alessandra D’Aguanno, la compagine amministrativa sarà nuovamente formata da sei elementi. Al momento la giunta comunale è composta da Carlo Navarra, vicesindaco ed assessore ai Lavori Pubblici, Giuseppe Fausto, assessore al Bilancio, Maria Stella Mangiarotti, assessore all’Ambiente e Viabilità, Rosanna Fasulo, assessore alla Cultura e Spettacoli, Angelo Palmeri, assessore allo Sport e Politiche Giovanile e Alessandra D’Aguanno. Il sindaco Marzio Bresciani provvederà a breve al rimpasto delle deleghe.

IL PORTAVOCE DEL SINDACO
(Annalisa Ferrante)

sabato, ottobre 01, 2011

Truffa sui malati di tumore intercettazioni choc in clinica


Alla Latteri, medicine dimezzate per far quadrare i conti.    L'ordine di tagliare il disintossicante dopo la chemioterapia Perché spendere? Ci danno solo 100 euro. I parenti sperano che muoia: non gli faccio altri 10 giorni di albumina Sono soldi a matula


L'ordine perentorio della dottoressa Maria Teresa Latteri fu: togliere il Tad, il disintossicante generalmente somministrato ai malati di tumore dopo la chemioterapia. Ma l'ordine non riguardava tutti i pazienti, solo quelli entrati nella clinica di via Cordova con un "day service", per cui la Regione rimborsa solo 100 euro a seduta. "Perché dobbiamo spendere soldi...", esclamò la dottoressa Latteri davanti ai suoi collaboratori, e non sospettava certo che nel suo ufficio alla clinica Latteri c'era una microspia piazzata dai carabinieri del Nas su ordine del sostituto procuratore Amelia Luise. Era il 2 settembre 2009, due mesi dopo il decreto con cui l'assessorato regionale alla Sanità tagliava i rimborsi alle cliniche e imponeva che le sedute di chemioterapia dovevano essere fatte quasi esclusivamente senza più ricoveri, molto più costosi.

Fu una discussione dai toni animati quella intercettata alla Latteri, e adesso è finita agli atti dell'inchiesta che vede indagati i vertici di alcune cliniche private palermitane, per una truffa sui rimborsi di esami e ricoveri. "Glielo devi fare (il Tad - ndr), ma che fa scherziamo? - provò ad opporsi la dottoressa Maria Rosaria Valerio - il paziente si vomita, si disidrata". La risposta della Latteri, che gestisce la clinica di via Cordova, fu risoluta: "Allora non hai capito che la prassi che fai tu costa alla clinica duecentocinquanta euro e quello mi dà cento euro". "Quello" era l'assessore alla sanità.

Il medico provò ad insistere: "Tu devi capire quello che io faccio al paziente". Ma la Latteri sembrava determinata: "Non si può fare, non si può fare. Continuo a dire che non si può fare così". Qualche tempo dopo, i carabinieri del Nas andarono a controllare le cartelle cliniche della Latteri e verificarono che il Tad veniva regolarmente somministrato ai pazienti ricoverati (anche in day hospital), ma non a quelli in day service. Così, ci furono malati di tumore di serie A e malati di serie B. A questi ultimi, toccarono molte sofferenze in più. Sono ancora le intercettazioni dei carabinieri ad aver svelato il loro dramma.

Il signor Salvatore D. telefonò alla dottoressa Valerio, era il 14 settembre 2009. "Sono rosso in viso - sussurrò - come se avessi delle vampate. Anche negli occhi, me li sento stanchi come... ". La dottoressa rassicurò: "Questo potrebbe essere un po' legato al cortisone, niente di particolare. È un effetto transitorio che passa". Il signor Salvatore incalzò: "Eh, perché questa volta, per esempio, la Tad non l'hanno fatta. Non l'hanno fatta, non è stata fatta". La dottoressa non si scompose: "Vabbè, dico, Tad in ogni caso non succede niente. Lo può anche fare". Qualche tempo dopo, i carabinieri sequestrarono la cartella del signor Salvatore D. alla Latteri e verificarono che dal 27 luglio al 25 settembre 2009 aveva fatto sei "accessi" in day service, per la chemioterapia: in quattro sedute non era stato somministrato il disintossicante.

Il giorno dopo, il dottore Vincenzo Scaletta informò la collega Valerio: "Ci dobbiamo vedere perché ti dobbiamo dire una cosa, del paziente I., che ha avuto una reazione allergica violenta". La dottoressa non perse tempo: "Sto passando". Ma Scaletta pretese un incontro riservato fuori dalla clinica. Anche questo caso è stato esaminato dai Nas: per ben quattro cicli di chemioterapia in day service non era stato somministrato il disintossicante Tad 600 al paziente I.

Drammatica la telefonata dell'1 ottobre 2009. Scaletta chiama la Valerio: "Senti - le dice - io vorrei che tu andassi a parlare con... perché oggi si sono sentiti male tutti". La dottoressa risponde: "Ma non gli hai fatto più il Tad, a nessuno?". Scaletta spiega: "No, il Tad gli ho fatto io alla signora C... ora dico, tu ci vai a parlare perché io non sono più propenso a ricoverare pazienti che fanno la.... in day service". Scaletta sembrava entrato in crisi, risparmiare sulla pelle dei pazienti non è davvero una bella cosa. Disse: "Così non si può vivere, anche per una questione di coscienza nei riguardi dei signori".

Durante le indagini, in un caso, la Procura è stata addirittura costretta a intervenire alla clinica Latteri, per evitare conseguenze drammatiche per un paziente a cui non sarebbe stata somministrata albumina.
Il 4 agosto 2009, i carabinieri intercettarono la dottoressa Federica Latteri mentre diceva al telefono a Maria Teresa Latteri: "(...) Siccome per dire questa sta facendo albumina, io non gli faccio altri 10 giorni di albumina che si spendono un putiferio di soldi a matula". La dottoressa Maria Teresa disse: "Nooo, infatti... ". E quasi per trovare una giustificazione, aggiunse: "Loro sperano che muoia". "Loro", i parenti del malato di tumore. Federica Latteri osservò: "Io magari ci scrivo in cartella che loro rifiutano di fare qualsiasi procedura e la terapia". La sua interlocutrice tagliò corto: "Di questo non ti preoccupare assolutamente".
Ma il giorno dopo arrivò un'ispezione in clinica, inviata dal pm. I vertici della Latteri si insospettirono. "Sono arrivati per le cartelle e poi si sono indirizzati per questa", disse Maria Teresa Latteri, e la microspia registrò. "Beh, allora sanno tutto", esclamò un avvocato che i carabinieri non sono ancora riusciti a identificare. Qualche ora dopo, la Latteri esclamò: "Io al telefono non parlerò più di nulla".



di Salvo Palazzolo
(Fonte: palermo.repubblica.it)