venerdì, aprile 27, 2012

DIARIO DI UN'AVVENTURA MALGASCIA

Sono passati alcuni mesi ormai dall'inizio di questa avventura che  il "grande" Luca ha intrapreso, e noi grazie al suo diario di viaggio siamo felici di continuare a raccontarvela.


PARTE QUARTA: 


La prima domenica qui in Madagascar, l’unico giorno della settimana in cui siamo tutti liberi da impegni di servizio, siamo andati a Ranomafana (letteralmente “acqua calda”) per visitare il villaggio ma soprattutto per addentrarci nell’omonima foresta pluviale, territorio protetto da insediamenti umani di qualsiasi genere, di cui i lemuri sono i padroni incontrastati, considerato che la fauna restante è costituita più che altro da animali di piccola taglia, in prevalenza rettili. Devo dire che da quando sono qui, sin da subito mi sono sentito come in un film di Indiana Jones, o addirittura il Professor Jones in persona, e lì all’interno della foresta questa sensazione si è accentuata ulteriormente: lo scalpiccio dei nostri passi uno dietro l’altro su un tappeto di foglie e natura frammisto unicamente al suono inarrestabile delle cicale e degli esseri che abitano la foresta; li senti vicini, eppure non riesci a vederli. L’intricarsi dei rami volti a nascondere la luce del sole e poi ad un certo punto seguire con lo sguardo l’indice della guida che ci mostra per la prima volta un lemure arrampicarsi e saltare da un ramo all’altro. E noi di corsa ad imbracciare la macchina fotografica per immortalare il momento, partendo a caccia dello scatto migliore. Attraverso i sentieri si sono incontrati diversi esemplari di fauna e flora locale: un piccolo camaleonte cornuto, un insetto stecco, lumache e lombrichi di enormi dimensioni, canne di bambù a mai finire e ogni tanto capitava anche qualche sanguisuga tra le mani o i piedi. Ad un certo punto nel bel mezzo della foresta si è rivelata una bella cascata, le guide avanzavano la possibilità di farsi un bagno nella piccola pozza sottostante: la tentazione era forte, ma nessun altro si è offerto volontario, così ho evitato anch’io di prendermi altre sanguisughe, possibilità tutt’altro che remota. Una volta usciti dalla foresta ci siamo diretti al villaggio, mentre alcuni hanno preferito un bagno in piscina (le famose acque termali che danno il nome al posto) io e qualcun altro abbiamo optato per una rana fritta e una grande dissetante ananas comodamente seduti presso uno dei locali presenti, un incrocio tra un bar e una baracca. L’accentuarsi della “sindrome di Indiana Jones” mi ha spinto all’acquisto, necessario, di un nuovo cappello che mi accompagnerà nelle prossime avventure. Dopodiché mi sono diretto al fiume, fonte d’approvvigionamento idrico per la popolazione locale, per bagnarmi un po’ e godermi il meraviglioso paesaggio. Poi ci siamo rimessi sulla via del ritorno, sazi e soddisfatti, dopo una giornata all’insegna della scoperta, sicuro e realizzato per averla vissuta pienamente, nel miglior modo possibile.

Tra le molteplici attività che porto avanti coi miei colleghi qui a Fianar, c’è anche quella di supporto al CDS, ospedale privato della città; non è niente di rilevante, si tratta semplicemente di ordinare i farmaci ammucchiati in un ripostiglio dentro innumerevoli scatoloni, scrivere la quantità e la data di scadenza, in modo tale che i medici sappiano attraverso un catalogo virtuale quante medicine hanno a disposizione. Il lavoro evidentemente non richiede alcuna conoscenza particolare, ma mi rendo conto che qualcuno lo deve fare, perciò mi rimbocco le maniche negli spazi vuoti tra un’attività e l’altra nell’arco della settimana. Almeno ho fatto conoscenza con qualche medico, contento del mio contributo, modesto per quanto possa essere. Ah, quasi dimenticavo, l’ospedale (almeno questo che, come ho già detto, è privato) funziona bene;  certo non vi sono gli stessi macchinari ad alta tecnologia che caratterizzano i grandi ospedali occidentali, non vi sono tutti i reparti specializzati (pediatria, oncologia, neurologia ecc…), ma quel poco che c’è, di medici e attrezzature, è ben organizzato o almeno così mi pare. I ricoveri sono pochi per via dei costi che la gente del posto non potrebbe sostenere, quindi i compiti si riducono al ricevimento pazienti per le visite del caso, ogni giorno secondo gli orari d’ufficio.

To be continued...

Luca Pennisi

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