PARTE SECONDA
Dopo un mese e mezzo di vita “africana” Luca ci ha inviato la seconda parte del suo racconto che prontamente pubblichiamo visto il successo e l’interesse che ha suscitato fin qui il suo diario di viaggio.
Prima di continuare il mio racconto vorrei fare una precisazione. Quello che scrivo sono impressioni e informazioni "da primo impatto", quindi è normale che nel corso del tempo le cose che vedi e senti, le situazioni che vivi assumono contorni più nitidi. Con ciò voglio semplicemente dire che vi darò ulteriori info e dettagli su tutto gradualmente. Perché ogni giorno c'è qualcosa di nuovo: da imparare, da scoprire, da fare...
Il giorno dopo il nostro arrivo abbiamo incontrato per la prima volta i bambini, solo una parte di quelli con cui avremo a che fare quest’anno. Con loro in questi primi incontri il nostro scopo sarà quello di metterli a proprio agio, farci conoscere, farli giocare liberi, prima di aprire ufficialmente il centro, al quale avranno accesso per tutto il giorno. Per ora lasciamo che si accontentino di stare con noi solo qualche mattina alla settimana. Vorremmo attivare anche un dormitorio in futuro ma ancora ci sono alcune perplessità e questioni da risolvere. Con loro abbiamo mangiato un piatto di riso condito con tritato e zucchine che abbiamo volontariamente lasciato cucinare a loro; il risultato non è stato proprio il massimo della culinaria, ma siamo in Madagascar ci si adatta e comunque faremo in modo che con l’esperienza la qualità dei pasti migliori.
Abbiamo altresì fatto visita al Preventorio, la struttura che si occupa di accogliere e curare i bambini rachitici e con malformazioni ossee dovute soprattutto alla malnutrizione. Abbiamo assistito alla messa nella piccola chiesa adiacente: mi è piaciuta, il posto era pieno e la celebrazione era molto seguita da tutti, coinvolgeva anche i bambini seduti nelle prime file e si è cantato parecchio.
Ci sono Pucy (2 anni), Voula, Francine, Teresa, Ephraim, Doris, Fanefa, Tina & Tina, ma questi sono solo alcuni di loro, sono i primi che mi vengono in mente e non voglio togliere nulla agli altri, hanno un’ età che varia dai 2 ai 16 anni, la maggior parte di loro vive per strada e ha difficoltà ad andare a scuola, ne hanno viste di cotte e di crude, hanno sperimentato e ancora sperimentano la crudeltà del mondo a loro circostante, hanno provato il dolore, quello vero, in tutte le sue forme, fanno il possibile per difendersi e il più delle volte ciò significa scendere a compromessi col male, è la via più breve, così finiscono per fare il male anch’essi. Lo prometto qui adesso: darò il massimo per tutti loro. Perché la vita dev’essere un dono e non una maledizione, perché ci è stata data la ragione e di questa se ne deve fare l’uso migliore, perché ognuno di noi ha motivo di esistere su questa terra e deve avere i mezzi per dimostrarlo questo motivo. Sei tu il protagonista, tu devi solo esserne consapevole.
Gli abitanti del Madagascar, non sono i tipici neri dell’Africa centro-meridionale, si tratta di una razza originale, un misto tra Asia e Africa, e la componente orientale risalta molto agli occhi. A Fianarantsoa, il “Vazaha”, lo straniero, soprattutto l’uomo bianco, è un’eccezione, una rarità, probabilmente per alcuni abitanti, specialmente i più piccoli, è quasi una leggenda; così quando se ne incontra uno per strada, è normale sentire esclamazioni come: “Bonjour vasà”, “Ca va?” e i bambini ti corrono dietro, si avvicinano, ti scrutano con curiosità.
Il giorno dopo il nostro arrivo abbiamo incontrato per la prima volta i bambini, solo una parte di quelli con cui avremo a che fare quest’anno. Con loro in questi primi incontri il nostro scopo sarà quello di metterli a proprio agio, farci conoscere, farli giocare liberi, prima di aprire ufficialmente il centro, al quale avranno accesso per tutto il giorno. Per ora lasciamo che si accontentino di stare con noi solo qualche mattina alla settimana. Vorremmo attivare anche un dormitorio in futuro ma ancora ci sono alcune perplessità e questioni da risolvere. Con loro abbiamo mangiato un piatto di riso condito con tritato e zucchine che abbiamo volontariamente lasciato cucinare a loro; il risultato non è stato proprio il massimo della culinaria, ma siamo in Madagascar ci si adatta e comunque faremo in modo che con l’esperienza la qualità dei pasti migliori.
Abbiamo altresì fatto visita al Preventorio, la struttura che si occupa di accogliere e curare i bambini rachitici e con malformazioni ossee dovute soprattutto alla malnutrizione. Abbiamo assistito alla messa nella piccola chiesa adiacente: mi è piaciuta, il posto era pieno e la celebrazione era molto seguita da tutti, coinvolgeva anche i bambini seduti nelle prime file e si è cantato parecchio.
Ci sono Pucy (2 anni), Voula, Francine, Teresa, Ephraim, Doris, Fanefa, Tina & Tina, ma questi sono solo alcuni di loro, sono i primi che mi vengono in mente e non voglio togliere nulla agli altri, hanno un’ età che varia dai 2 ai 16 anni, la maggior parte di loro vive per strada e ha difficoltà ad andare a scuola, ne hanno viste di cotte e di crude, hanno sperimentato e ancora sperimentano la crudeltà del mondo a loro circostante, hanno provato il dolore, quello vero, in tutte le sue forme, fanno il possibile per difendersi e il più delle volte ciò significa scendere a compromessi col male, è la via più breve, così finiscono per fare il male anch’essi. Lo prometto qui adesso: darò il massimo per tutti loro. Perché la vita dev’essere un dono e non una maledizione, perché ci è stata data la ragione e di questa se ne deve fare l’uso migliore, perché ognuno di noi ha motivo di esistere su questa terra e deve avere i mezzi per dimostrarlo questo motivo. Sei tu il protagonista, tu devi solo esserne consapevole.
Gli abitanti del Madagascar, non sono i tipici neri dell’Africa centro-meridionale, si tratta di una razza originale, un misto tra Asia e Africa, e la componente orientale risalta molto agli occhi. A Fianarantsoa, il “Vazaha”, lo straniero, soprattutto l’uomo bianco, è un’eccezione, una rarità, probabilmente per alcuni abitanti, specialmente i più piccoli, è quasi una leggenda; così quando se ne incontra uno per strada, è normale sentire esclamazioni come: “Bonjour vasà”, “Ca va?” e i bambini ti corrono dietro, si avvicinano, ti scrutano con curiosità.
Il mercato è un’altra caratteristica affascinante del posto, si vende di tutto, le condizioni igieniche non importano a nessuno, la carne è esposta su di un bancone oltre che a mosche e simili, c’è chi ha una bancarella, c’è chi ha un negozio e c’è chi non ha altro che una stuoia o uno straccio dove poggiare la propria merce. Q.E.A.: Questa E’ l’Africa. La gente non butta via niente, tutto può essere venduto, tutto si può aggiustare senza dover ricorrere a chissà quale specialista; un taxi che fonde il motore non andrà mica da un meccanico se può essere rattoppato alla meno peggio.
Al mercato dello Zomà, sono attratto dalla frutta tipica, innanzitutto per il desiderio di qualcosa di fresco, succoso e dissetante; e così prendiamo ananas, frutto della passione, leccì, papaia. Abbiamo preso anche la manioca, che sembra abbia il gusto della patata anche se assomiglia molto di più ad un tronco d’albero di media dimensione. Il leccì è molto buono, non l’avevo mai mangiato prima, al gusto assomiglia molto all’uva...To be continued...Amin'ny manaraka (alla prossima)...
Luca Pennisi
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