sabato, marzo 28, 2009

Le vere origini della crisi

La crisi dei mutui subprime non è a mio avviso, come buona parte dei commentatori politici pensano o dicono di pensare, la causa dell’attuale fase recessiva mondiale, ma solo il sintomo evidente di una malattia del sistema economico mondiale globalizzato che si è manifestato attraverso una crisi finanziaria, con ripercussioni a sua volta sull’economia reale e sull’occupazione, ma le cui origini sono da ricercare nell’assetto distributivo del reddito che il “mercato” ha generato nella maggior parte delle economie sviluppate, comprese quelle di recente industrializzazione (Cina India, Brasile).
Il confronto tra questa crisi e quella del ’29 non è del tutto avventato se valutate dal punto di vista della distribuzione del reddito.
Allora lo sviluppo dell’ industrializzazione iniziata nel secolo precedente aveva consentito una forte concentrazione del reddito nelle mani di pochi,(i possessori delle macchine) squilibrando sia il mercato che l’equilibrio sociale come proverò a spiegare con riferimento ad oggi. Oggi gli squilibri distributivi sono stati generati da una finanza (il capitale si autogenera), che ha invaso l’economia reale, da una scarsa visione generale della politica e dal sogno utopico degli imprenditori di inseguire la competitività tagliando i costi di personale, di salari e stipendi.
Se fosse vero, quello che ci ha detto la politica, che la ricchezza bisogna crearla e poi distribuirla e quindi la disuguaglianza sociale è il prezzo che bisogna pagare per crescere più rapidamente (tanto prima o poi ci sarà la redistribuzione, prima cresce la torta e poi si distribuisce) allora come mai in molti paesi, tra cui l’Italia, questo nuovo miracolo economico non è avvenuto nonostante l’accrescimento del divario economico e sociale che si è registrato nell’ultimo ventennio?. Un calciatore del Milan o dell’Inter guadagna ogni volta che tocca la palla in partita ufficiale quanto un mese un operaio alla Fiat!. Un top manager ogni ora di lavoro quanto un mese di un insegnante.
Perchè Prodi aveva messo il limite max di 290 mila euro annui per lo stipendio dei manager pubblici e Berlusconi lo ha tolto?
Perchè in questi giorni la proposta della lega di portare tale limite a 350 mila Euro non è stato votato dal parlamento?
Mentre negli USA il presidente provvede a limitare i bonus ai manager della aziende pubbliche e a quelle che hanno avuto aiuti di stato da noi non si prende provvedimenti.
Segno che non si vuole capire che si esce dalla crisi solo distribuendo reddito.
Se la singola impresa taglia i propri costi nella maniera più semplice possibile, tagliando posti di lavoro e/o tagliando i salari attraverso la giungla della tipologia di contratti, può in parte aumentare i propri margini unitari e in parte ridurre i propri prezzi, puntando a conquistare nuove fette di mercato, in ultima analisi accrescendo i propri profitti, ma questo è un ragionamento a domanda inalterata.
Se tutte le imprese fanno altrettanto il tentativo di “cannibalizzare” la domanda proveniente dai lavoratori delle altre imprese va a vuoto perché si riduce la domanda complessiva. Ed è quello che è effettivamente avvenuto in questa crisi.
Da qui si capisce come può essere miope la visione del sistema delle imprese, che reagirà nuovamente tentando di comprimere i propri costi dando luogo a una sorta di concorrenza sleale sulla pelle dei lavoratori e in ultima analisi sulle possibilità di crescita data la continua compressione della domanda.
Questo a mio avviso è quello che è avvenuto nell’ultimo ventennio in Italia e non solo, comprimi comprimi il sistema salta.I consumi si riducono.
Ecco come il libero agire delle forze di mercato (massimizzazione del profitto da parte degli imprenditori) possa condurre ad un sistema economico stagnante e socialmente inaccettabile.
E non è comunismo quando dico che il mercato va regolamentato. Il reddito va distribuito con equità.
A questo punto mi si obbietterà che gli imprenditori illuminati non cascano in questa trappola, che i salari vengono contrattati (per ora) a livello nazionale dai sindacati, che si possa (e si dovrebbe) recuperare competitività investendo anche e non ultimo sulle risorse umane accrescendo la produttività, ma soprattutto, che la realtà è differente da quella fin qui descrittà poiché, dato che non operiamo in un’economia chiusa, ammesso che tutte le imprese di un paese adottino il comportamento miope della compressione dei costi, possono supplire alla carenza di domanda interna puntando sulle esportazioni, anche grazie all’accresciuta competitività.
Certo se il comportamento degli imprenditori Italiani fosse isolato il sistema reggerebbe sulle esportazioni ma la globalizzazione ha anche globalizzato i comportamenti. Tutto il mondo dell’impresa ha contratto i costi a danno del reddito reale dei lavoratori in tutto il mondo occidentale e non solo. La conseguenza è il crollo della domanda mondiale. E quindi la crisi mondiale.
Altri paesi di recente sviluppo, come Cina e India, hanno puntato, specie all’inizio, sui bassi costi della manodopera per rendersi competitivi ed espandere le proprie esportazioni.
A questo punto si può obbiettare che la crisi sta già finendo. Se permane alla fine della crisi lo stesso indici di distribuzione del reddito la crisi è solo spostata nel tempo grazie agli interventi dei governi a sostegno dei consumi tramite spesa pubblica e le bolle finanziare continueranno ad esistere.
Infatti i percettori di rendite e profitti,( i veri concentratori di reddito) una volta soddisfatta la domanda di beni essenziali e di lusso, continueranno ad investire, ma non in beni strumentali creando lavoro, quanto piuttosto in attività finanziarie ben più remunerative.
In pratica la finanziarizzazione dell’economia, lungi dall’essere opera di fantomatici e spietati speculatori, privi di etica e morale, è stato il naturale risultato della progressiva concentrazione della ricchezza. I mutui subprime sono la conseguenza della concentrazione del reddito. Il loro declino la causa della crisi economica, la matrice di tutto resta la concentrazione del reddito.
In pratica, grazie alla finanza, è stato possibile mantenere un certo livello della domanda mondiale restituendo alle classi lavoratrici sotto forma di prestito quello che era stato tolto loro sotto forma di reddito, è come se gli imprenditori prestassero ai loro dipendenti i soldi per acquistare le stesse merci che producono. Il proliferare del credito al consumo, del compri oggi e paghi domani e quant’altro è la dimostrazione che quanto detto ha un fondamento quotidiano oggi.
Ma è anche vero che i debiti prima o poi bisogna pagarli, e se l‘indebitamento supera il punto di solvibilità salta il sistema. Il sistema è saltato per molte aziende e per alcune famiglie.
Se la politica, a mio avviso, capisce quello che è avvenuto allora si può in modo concertato mondialmente trovare le soluzioni stabili per risolvere questo serio problema. Altrimenti si rinvia di qualche tempo la crisi appesantendo i bilanci pubblici col rischio che saltino i conti anche a qualche stato. Argentina, Irlanda insegnano.
I sostanza in un paese dove un lavoratore con 1200, 1300 Euro al mese non potrà mai comprare una casa 250000, 300000 Euro ed oltre, o è cara la casa o è poco lo stipendio. O concentrano reddito i costruttori o concentrano reddito i datori di lavoro di questi lavoratori considerato che il PIL (prodotto interno lordo) italiano negli ultimi venti anni è cresciuto e di molto.
Grazie per l’attenzione
Prof. Chiarenza Lorenzo

Lorenzo.chiarenza@virgilio.it

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