domenica, gennaio 09, 2011

Le fiabe della buonanotte. "Il porticciolo di Castelluzzo"


C'era una volta, in un tempo e in un luogo lontani, un piccolo paesello raccolto intorno al suo castello, che si affacciava sul mare. Da questo paesello, che si chiamava Castelluzzo della Baia, partivano ogni giorno tante navi e barche e zattere di qualsiasi dimensione; alcune trasportavano vino, altre pesce salato, altre ancora... vabbè, sorvoliamo.
Castelluzzo della Baia era governato da un Baronetto, molto amato e stimato dai castelluzzesi per le sue buone maniere e la sua generosità, e dalla sua corte di consiglieri; un bel giorno, il Baronetto e la sua corte stabilirono che il porticciolo di Castelluzzo della Baia necessitava di alcuni miglioramenti e così cominciarono a cercare qualcuno che finanziasse i lavori. Grazie anche ai buoni rapporti che aveva presso l'aristocrazia dei dintorni, il Baronetto trovò finanziamenti per circa 60 milioni di sesterzi d'oro zecchino. Purtroppo, dove arrivano i sesterzi arrivano anche i guai. E, infatti...
Castelluzzo della Baia faceva parte del Ducato di Pialle, governato a quel tempo da una Duchessa alla quale il Baronetto era molto legato e fedele; tuttavia, la Duchessa di Pialle doveva fare i conti con un potente personaggio che abitava nel castello di fronte al suo: il Marchese De Pettì. Questi era tanto potente che nel Ducato tutti dicevano: "Non si muove foglia che il Marchese non voglia"!
Il Marchese, avendo saputo che a Castelluzzo della Baia erano arrivati 60 milioni di sesterzi d'oro zecchino per il porticciolo, radunò tutti i suoi fedelissimi affinché trovassero un modo per mettere saldamente nelle sue mani la gestione di tutto quell'oro; ma c'era un problema: la Duchessa di Pialle e il suo fedele Baronetto non avevano nessuna intenzione di lasciare tutto nelle mani del Marchese. Che fare?
A quel punto al Marchese venne un'idea. A Castelluzzo della Baia vivevano un gruppetto di briganti che cercavano continuamente di ottenere favori dai funzionari, dal Baronetto e dalla sua corte attraverso le minacce e poco tempo prima erano stati colti con le mani nel sacco dallo sceriffo, che li aveva arrestati; tuttavia, si disse che il Baronetto e la sua corte avevano più volte concesso favori ai briganti, per evitare che questi mettessero in atto le loro minacce.
Il Marchese approfittò di questa situazione e raccontò a Re Silvio III, di cui era fedelissimo consigliere, delle malefatte dei briganti e delle presunte collusioni del Baronetto e di altri funzionari.
Il Re, che si fidava ciecamente del Marchese, chiese che si facessero delle indagini a Castelluzzo sull'operato del Baronetto e affidò a De Pettì il compito di stabilire se fosse necessario o meno cacciare il Baronetto ed eventualmente di trovare dei sostituti degni. E così fece.
Il Marchese, concluse le indagini degli ispettori reali, firmò il regio decreto con il benestare del Re che toglieva al Baronetto tutti i suoi poteri e incaricò tre Moschettieri di governare temporaneamente a Castelluzzo, in attesa di nominare un nuovo Baronetto; e così, il primo passo era fatto: né il Baronetto, né la Duchessa di Pialle avrebbero più potuto gestire i sesterzi d'oro zecchino per il porticciolo. Inoltre, mentre il Baronetto era additato da tutti come un malfattore che faceva affari con i briganti, il Marchese diventò agli occhi del popolo il paladino della giustizia, che difendeva i poveri dai briganti e dai malfattori. Adesso, al Marchese non restava che trovare delle persone di sua fiducia da mettere al governo del paesello.
Intanto, i tre Moschettieri, decisi a ristabilire la legalità a Castelluzzo, si barricarono nel castello e non facevano entrare nessuno, per evitare che, travestiti da gente comune, i briganti potessero presentarsi di nuovo da loro a pretendere nuovi favori. Ma così facendo, nemmeno gli uomini del Marchese potevano avvicinarsi a loro e non potevano controllare i sesterzi d'oro zecchino per il porticciolo.
De Pettì andò su tutte le furie e ordinò a suoi scagnozzi di trovare il modo di cacciare anche i tre Moschettieri; ed essi ubbidirono. Grazie ai loro agganci dentro il castello, scoprirono che uno dei tre Moschettieri, goloso del pesce freschissimo di Castelluzzo, aveva fatto qualche banchetto di troppo pagandolo con i soldi del paesello e così convinsero un inserviente del castello a raccontare tutto allo sceriffo. Il Moschettiere si dichiarò innocente, ma nel pieno rispetto del codice dei Moschettieri, abbandonò l'incarico: "Un Moschettiere non può destare sospetti - disse - e, finché un giudice non mi dichiarerà innocente, io mi autosospendo da qualunque incarico!"
A quel punto, il Marchese De Pettì, sempre con il benestare di Re Silvio III, decise di mandare via anche gli altri due Moschettieri e questa volta nominò alla guida del tormentato paesello tre Comandanti Amazzoni, famose per le loro eroiche gesta, sperando di poterle controllare meglio.
Le Amazzoni, pur dimostrando di meritare la fama di valorose guerriere che le accompagnava, lasciarono che gli scagnozzi del Marchese si avvicinassero molto di più alle faccende del castello, permettendo loro di sapere per tempo i movimenti delle tre eroine e di studiare attentamente le contromosse. Nel frattempo, i lavori del porticciolo erano quasi pronti a partire, mancavano solo le ultime scartoffie... Ma le Amazzoni non vedranno mai iniziare i lavori, perché tra un impedimento e l'altro, una pratica che spariva e una variante di progetto che veniva bocciata, l'apertura dei cantieri venne posticipata di giorno in giorno, mentre il compito delle Amazzoni giunse al termine.
Così, tra cittadini festanti, balli, canti e inni, venne nominato il nuovo Baronetto di Castelluzzo della Baia; intanto, molte cose erano cambiate da quelle parti: la Duchessa di Pialle aveva deciso di lasciare il governo del Ducato in mano al Conte Turanot de Jè Virè, per occupare un posto al Gran Consiglio del Principato di Terronia presieduto dal Principe Mustazzo di Katanè; costui aveva appena preso il posto del Principe Totò Raffadalisi Spion di Vasa Vasa, rifugiatosi alla corte di Re Silvio III per scappare dai giudici che lo volevano arrestare con l'accusa di favoreggiamento aggravato al brigantaggio; il Capo (presunto) dei briganti, Binnu Tratturi, era stato arrestato e dopo poco tempo quasi tutta la sua corte fece la stessa fine. E il nuovo Baronetto di Castelluzzo della Baia, che immediatamente si occupò dei lavori al porticciolo, era un grande amico e fedelissimo del Marchese De Pettì. Questi, alla fine, poté brindare alla sua vittoria; i suoi avversari erano stati messi fuori gioco e per il popolo erano dei malfattori, lui poteva gestire direttamente i sesterzi d'oro zecchino spartendosene una bella fetta con i briganti suoi soci delle vicine Baronìe e Contee, osannato dal popolo come loro protettore da tutti i malfattori e dai briganti.
Il Marchese, si badi bene, non era tanto potente da poter cambiare il corso degli eventi come voleva ordinandolo agli altri; egli era più furbo di cento volpi e riusciva a sfruttare ciò che gli accadeva intorno traendone vantaggio. A volte riusciva persino a trarre grossi vantaggi anche da chi gli dichiarava guerra, sfruttando al massimo l'ingenuità degli altri. Come quella volta che un gruppo di ragazzi di Castelluzzo scese in piazza a protestare contro i briganti e i loro soci.
Ma questa è un'altra fiaba che vi racconterò un'altra volta.

7 commenti:

Vito ha detto...

Grande Desiderio!!! Bellissimo..

Unknown ha detto...

e tutti vissero felici e contenti?

viviamocastellammare ha detto...

Bellissima. Bravo

Anonimo ha detto...

Il Conte Turanot de Jè Virè credo che sia da premio Pulitzer!

MARTINODB ha detto...

Il novo Baronetto di Castelluzzo, certo De Marzis, non era originario della zona. Era stato mandato a Castelluzzo tanti anni prima da grandi investitori della lontana Contea di Polentonia con il compito di risanare delle attività economiche che questi avevano intrapreso nel territorio limitrofo a Castelluzzo e aveva avuto un discreto successo.
Poiché il Marchese De Pettì aveva capito che al popolo piacciono le persone che hanno successo negli affari (fulgido esempio di tale strategia era l’imponente ascesa al trono del suo Re Silvio III per acclamazione popolare al grido di “meno male che Silvio c’è”) pensò che De Marzis facesse al caso suo; era simpatico, di aspetto rassicurante e poi era straniero. Il popolo del Principato di Terronia era abituato da sempre alle dominazioni straniere, sarebbe stato un gioco da ragazzi, De Pettì lo avrebbe fatto nominare Baronetto a furor di popolo. Poi con l’aria greve dei grandi uomini che dicono le frasi memorabili disse:
“Cambiare tutto affinché niente cambi.” La frase non gli suonava proprio del tutto nuova, ma gli piaceva tantissimo poterla declamare.
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michele cacciatore ha detto...

davvero sono senza parole...credo che anche i miei nipoti di un anno e mezzo potrebbero comprendere già le anomalie di Castelluzzo...
complimenti Vincenzo

LIVIA MESSINA ha detto...

bellissima storia !!!!!!!!! :-)