Bene, bravi bis. Ci siete riusciti, grazie ad anni di interventi velenosi, di penne affilatissime, e di arte oratoria da novelli Ciceroni, con quel sorriso ammiccante stampato sulla faccia, pronti a farvi difensori del politicamente scorretto, esperti nel giudicare Retorica ogni rimando al passato e alla storia di questo paese, la quale, che vi piaccia o no, è una storia di mafia, la storia di un paese dove la mafia l’ha sempre fatta da padrona e continua a farlo nonostante certi proclami deliranti. (Sgarbi che sostiene che la mafia siciliana non esiste più, tanto per fare un esempio). Ci siete riusciti: insultare gratuitamente oggi Antonio Ingroia, è diventata una moda. Attaccare Saviano è ormai prassi diffusa in ambienti e salotti sopratutto inclinati verso una certa Sinistra un po’ sinistra. Sui social network vince chi spara il veleno più acido sul pool di Palermo. Bene, bravi, bis. Continuiamo a farci del male.
Ingroia ha fatto il red carpet a Venezia! Scandalo! Magistratura da avanspettacolo!
Dovreste essere più attenti, voi che avete le penne affilate, attenti perchè non siete soli e il veleno nel vostro inchiostro rischia di danneggiare molta gente, specie i più giovani, specie quelli che non ricordano. Attaccare i magistrati che cercano di uscire dal buio e dal silenzio vischioso che li rende più deboli e più soli, è stupido, se non una cattiveria in mala fede. Attenti, perchè attaccare Ingroia denuncia memoria corta, non coraggio da giovane reporter ambizioso. Attenti, perchè prima di fare un errore grosso e grossolano come quello di Sciascia sui professionisti dell’antimafia, dovete prima essere Sciascia, dovete dare prova che il vostro non è un errore in malafede e dovete farlo con una vita di impegno.
Io mi ricordo. Mi ricordo per esempio della famosa puntata del Maurizio Costanzo show da Palermo. E a parte i celeberrimi deliri del giovane Totò Cuffaro mi ricordo quello che ne seguì. Insulti a Falcone come se piovesse. Accuse di cercare la popolarità in televisione. Di essere prossimo alla politica. Mi ricordo gli attacchi per le sue interviste, per il suo libro intervista scritto a quattro mani con Marcelle Padovani “cose di cosa nostra” che oggi è per tutti una bibbia dell’antimafia. Mi ricordo di un magistrato (Carnevale) che di Falcone appena morto diceva “io i morti li rispetto, ma certi morti no” dopo che da vivo si era distinto per “ammazzare” in cassazione le sentenze del pool di Palermo. Quel magistrato (che è rimasto al suo posto fino alla fine della carriera) ha fatto scuola, sia sul piano mediatico che su quello giuridico, (è stato un suo “allievo” a rimandare dalla cassazione al secondo grado di giudizio la sentenza Dell’Utri per un vizio di forma).
Ingroia va in Guatemala! Scandalo!
In quella stessa puntata del Costanzo Show, mi ricordo con non poco dolore gli interventi di Alfredo Galasso, un uomo per il quale nutro stima; si è distinto tutta la vita per le sue battaglie antimafia, ed è anche stato il mio professore di diritto privato all’università di Palermo. Il professor Galasso, non aveva ancora capito perchè Falcone avesse deciso di andare a Roma, accettando quell’incarico grazie al quale oggi esiste una procura nazionale antimafia. Non lo aveva capito e da quel palcoscenico si arrabbiava molto con l’amico Falcone dicendogli ad un certo punto qualcosa che suonava più o meno così: “Giovà, a me questa cosa che te ne vai a Roma non mi piace, mettiamola così!”
Se certe cose le poteva dire un amico come Galasso, o altri “amici” come Leoluca Orlando, che pure lui ebbe più volte da ridire sull’operato di Falcone, figuriamoci gli altri, quelli che amici non erano. In tv e sui giornali si parlava solo di Falcone, ma non del suo operato, dei suoi geniali ed innovativi metodi investigativi, per i quali è osannato oggi in tutto il mondo, ma per attaccarlo, per ridurne lo spessore intellettuale ed umano davanti ad un’opinione pubblica che in quegli anni brancolava nel buio e non sapeva niente, proprio come oggi, di quello che in realtà stava accadendo in Italia.
Ma la memoria, si sa, non è il forte di questo paese. E parlo della memoria vera, non quella memoria di plastica per cui oggi, tutti, a destra e sinistra, inneggiano a Falcone e Borsellino. Tutti, soprattutto quelli che ai tempi li attaccavano. E allora, giù ad infangare un uomo come Ingroia, che oltre ad essere stato un “allievo prediletto” di Borsellino, ha come il suo maestro dedicato interamente la sua vita per riportare un briciolo di dignità alle istituzioni di questo paese.
Mi sembra che in Italia tutti vogliano la verità a patto che questa non tocchi i poteri forti. Quindi tutti a difendere Napolitano, chè il presidente della Repubblica non si tocca. Tutti a scrivere in sua difesa e a riempire i giornali di inchiostro velenoso. Non entro nemmeno nel merito della questione, perchè non è compito mio giudicare l’operato di un magistrato o di un’istituzione che pare proprio avere qualcosa da nascondere viste le reazioni. Non entro nel merito perchè secondo me chi ha dimostrato facendo il suo lavoro e rischiando la propria vita di essere un uomo dello Stato, merita rispetto e applausi. Pure sul red carpet, dove secondo me Ingroia aveva sulle spalle le mani leggere dei suoi maestri. Corrado Fortuna
Fonte: ilfattoquotidiano.it
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