Politica e partecipazione. Binomio ormai consolidato ma
nello stesso tempo obsoleto. Politica è partecipazione. Non si può parlare di
politica senza la partecipazione del popolo, nelle piazze, nei palazzi del
potere, nelle strade, sul web. La partecipazione del popolo dovrebbe essere alla
base di una costruzione politica, di un progetto d’insieme per il bene comune.
Non per forza dobbiamo identificarla nei partiti. Come cittadini dobbiamo fare
politica in prima persona, come rappresentanti di noi stessi, per far valere i
diritti dei singoli, ma soprattutto comuni.
L’ente pubblico, secondo il principio di sussidiarietà,
dovrebbe essere la nostra seconda casa. Quello che succede dentro i palazzi del
governo locale, o nazionale, ci riguarda direttamente. In un certo qual modo
siamo responsabili in parte delle scelte, giuste o sbagliate che siano,
commesse da chi ha il potere nelle mani. Chi ha il potere amministrativo
gestisce i nostri soldi, quindi è a noi che deve dar conto.
Abbiamo la piena facoltà di indignarci. Di lamentarci. Di
dire: “non ci sto!” possiamo e dobbiamo farlo. Quando sentiamo che in un
momento di crisi un Sindaco (il nostro) aumenta lo stipendio (tra l’altro già
importante) di circa 850 euro mensili (per un totale di tredici mensilità) alla
segretaria comunale, dovrebbe farci sussultare sulla sedia in quanto cittadini
e contribuenti. In questo momento di profonda crisi, tale cifra comporta un
schiaffo ad ognuno di noi. Uno per uno siamo stati schiaffeggiati tutti. L’aumento
in questione comporta una spesa pubblica di circa 11 mila euro l’anno in più. L’aumento
che poteva esserle corrisposto andava dal 10% al 50% e hanno scelto di optare
per la percentuale più alta. Ma potevano anche non farlo. La questione è: era
veramente necessario questo aumento visto lo stipendio già importante percepito
dalla nostra segretaria comunale? Siamo liberi di indignarci, ma possiamo anche
non farlo e restare in silenzio. Porsi la domanda vuol dire fare politica e
partecipare alla vita cittadina, mostrando anche un minimo di indignazione.
C’è chi tira avanti la carretta con poco più di 800 euro al
mese (chi anche con meno) e deve pagare TARSU, affitto, benzina e altre tasse
che si aggiungono al lungo elenco. C’è gente che non lavora da mesi. C’è gente
che non paga le tasse da mesi perché non ha soldi e sta lentamente scivolando
in fondo. C’è gente che non mangia da giorni per pagare la bolletta. C’è gente
che fa i salti mortali, rinunciando a qualcosa di importante, per pagare una
tassa in un dato termine. C’è gente che non si indigna se una tassa viene
postergata a scadenza già avvenuta, quindi dopo aver fatto i salti mortali per
adempiere al pagamento. C’è gente convinta che la politica dell’ “amicizia” è
quella giusta, che comporta la scorciatoia per arrivare al benessere finale. C’è
gente che crede ancora nella “legge uguale per tutti” senza scorciatoie.
C’è gente arrabbiata, ma stanca di lottare. C’è gente che
lotta ma troppo arrabbiata per continuare. C’è gente che lotta ma è stanca di
gridare. C’è gente che grida perché è stanca di lottare. C’è chi lotta in
silenzio per spirito di partecipazione ed infine c’è l’indignato rassegnato che
non costruisce più nulla di concreto.
Torniamo a partecipare, anche e soprattutto con
l’indignazione. Tutto il resto si costruisce automaticamente, partecipando alla
vita politica e sociale del nostro, amato e martoriato, paese.
Emanuel Butticè
1 commento:
Bellissima analisi Emanuel, veramente dettagliata... Però non hai considerato che i castellammaresi sono contenti di questo perché almeno le cose adesso funzionano come una volta
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