«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure....» (Articolo 21)
TRAPANI. Abbiamo vinto. Abbiamo
vinto noi comuni cittadini. Abbiamo vinto
noi che crediamo ancora nel buon giornalismo e nella Costituzione italiana.
Ieri è stata emessa la sentenza
del processo a carico del giornalista trapanese Rino Giacalone, accusato di
aver “diffamato” la reputazione del boss di Mazara del
Vallo Mariano Agate, deceduto nel 2013. Giacalone aveva chiuso un articolo
definendolo “un gran bel pezzo di merda”. La vedova Agate con due dei tre figli
ha querelato il giornalista, finito così sotto processo.
Il processo ha ripercorso il curriculum criminale di Agate,
membro della cosiddetta commissione regionale di Cosa Nostra, condannato
all'ergastolo per mafia, attivo nella raffinazione e nel traffico di sostanze
stupefacenti ed iscritto alla nota loggia massonica Iside 2. In seguito al
decesso il questore di Trapani ne aveva vietato i funerali pubblici ed anche il
Vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, aveva rifiutato i funerali
religiosi. L’ex capo della squadra mobile di Trapani Giuseppe Linares di Agate disse “se
Agate fosse ancora vivo, Matteo Messina Denaro sarebbe meno importante.”
Il
Pm Franco Belvisi aveva chiesto la condanna a 4 mesi e 600 euro di
risarcimento, ma il giudice monocratico del Tribunale di Trapani, Gianluigi
Visco ha assolto il giornalista “perché il fatto non consiste reato”, citando
chiaramente l’articolo 21 della Costituzione. Un articolo spesso calpestato e mortificato.
Oggi questa sentenza, come già detto in passato, è già storia.
La sentenza
infatti sancisce un principio chiaro, forse scontato, ma che invece bisognava
ribadire nelle sedi opportune. Da oggi non solo la mafia è “una montagna di
merda” come scrisse un tempo Peppino Impastato, ma anche i mafiosi, condannati
per mafia, omicidio, strage.. sono parte di quella montagna. Quindi oggi un
giornalista può scriverlo, può ribadirlo. Quello che abbiamo sempre pensato da
oggi, se sei un giornalista, lo puoi scrivere.
I legali di Giacalone Carmelo
Miceli e Domenico Grassa (in sostituzione di Enza Rando) hanno prodotto tantissima
giurisprudenza in merito e chiarito, nella discussione finale, che “ci siamo
difesi dicendo che è vero che andava riconosciuta un minimo di reputazione ma
che la stessa era comunque minima. Nella bilancia della giustizia andava messa
anche la libertà d’espressione e la funzione sociale dell’articolo appartenente
ad un’attività giornalistica. Quindi andava anche considerato il contesto con
cui il giornalista prova a descrivere attenendosi alla sua funzione sociale. La
valutazione, dunque, non poteva essere solo astratta ma oggettiva e andava
valutata caso per caso. La reputazione – spiegano i legali di Rino Giacalone ad
Antimafiaduemila - sarebbe stata violata se alla fine
del discorso si sarebbe utilizzata un'altra espressione ingiuriosa ma così non
è se si racconta la storia di Mariano Agate, dimostrando che lo stesso aveva
rappresentato un pezzo importante della storia di Cosa nostra.”
Ad attendere la
sentenza un gruppo di ragazzi di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le
mafie”, il presidente di Libera Don Luigi Ciotti e il Senatore del Movimento 5
Stelle Mario Giarrusso, componente della Commissione Parlamentare Antimafia che
ha manifestato solidarietà e vicinanza a Rino Giacalone: “Solidarietà a Rino Giacalone. La mafia è una montagna
di merda e chi ne fa parte è un pezzo di merda; non si può processare un
giornalista per aver detto la verità, quello che pensano milioni di italiani
onesti. Il nome di Mariano Agate non è più un nome rispettabile - continua Giarrusso - a causa degli atti orrendi e criminali che ha compiuto. Per questi nomi
si vorrebbe la damnatio memoriae, non certo la tutela giurisdizionale. Sono qui
per sentire con le mie orecchie un Pm, che dovrebbe difendere il buon nome di
Mariano Agate, un boss sanguinario, condannato all’ergastolo per la strage di
Capaci. Una vergogna”.
Tantissimi
in queste ore si sono schierati apertamente al fianco di Rino: colleghi, amici,
gente comune, e anche qualche politico locale. Baldo Gucciardi, assessore
regionale alla Sanità, tramite il suo ufficio stampa ha espresso “soddisfazione per la sentenza di
assoluzione emessa dal Tribunale di Trapani nei confronti del giornalista Rino
Giacalone, accusato di diffamazione nei confronti del boss Mariano Agate. Siamo
di fronte ad una sentenza - aggiunge Gucciardi - che ristabilisce i valori in campo e solleva Rino, giornalista bravo
e coraggioso, da un'accusa assurda e paradossale".
Tra
i tanti messaggi ricevuti dal giornalista anche quelli del On. Davide
Mattiello, componente della Commissione Parlamentare Antimafia, e del Sindaco
di Petrosino Gaspare Giacalone che su facebook ha scritto: “Hai vinto tu, abbiamo vinto tutti noi.”
In
aula sempre presenti i due figli del boss Agate e la vedova Rosa Pace, che dopo
la sentenza hanno abbandonato l’aula contrariati, sottolineando soltanto che “è un’ingiustizia. Proviamo tanta tristezza”.
Caro
Rino, abbiamo veramente vinto tutti noi.
Un abbraccio.
Nessun commento:
Posta un commento