sabato, gennaio 28, 2012

Un'autonomia dimenticata


In queste ultime settimane, si è molto parlato (più sui social network che sui media nazionali, in verità) del “Movimento dei Forconi”, una sorta di associazione spontanea di agricoltori, allevatori, pescatori e altre categorie lavorative come gli autotrasportatori, che ha messo in atto una protesta contro il rincaro del costo del lavoro causato dalle manovre finanziarie del Governo. Protesta che ha portato, come noi siciliani ben sappiamo, al blocco delle principali industrie della nostra regione, del trasporto di merci e carburanti, il che ha provocato notevoli disagi.
Non voglio entrare nel merito delle motivazioni, più o meno condivisibili e/o giustificabili, che stanno alla base di tale protesta, né dire la mia sulle polemiche riguardo il presunto colore politico del movimento. Vorrei invece prendere spunto da alcuni temi mossi durante questa settimana di protesta per parlare di un argomento del quale mai si è parlato, colpevolmente, e che invece riveste la sua importanza: l’autonomia finanziaria della Regione Siciliana.
La Sicilia, come tutti sanno, è una Regione a Statuto Speciale; questo significa che la nostra regione gode, o meglio, dovrebbe godere di un’ampia autonomia politica, amministrativa e finanziaria. La Regione, infatti, ha competenza legislativa esclusiva in alcuni ambiti molto importanti (agricoltura, pesca, turismo), nonché in materia fiscale. Come si evince leggendo l’articolo 37 dello Statuto della Regione Siciliana (approvato con Regio Decreto nel 1946, quindi prima che l’Italia divenisse una Repubblica Costituzionale), “Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta, relativa a detta quota, compete alla Regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima.”
In parole povere, i tributi dovuti dalle imprese allo Stato, nel caso in cui la produzione delle stesse abbia luogo negli stabilimenti siti nel territorio regionale, sono trattenuti e riscossi dalla Regione. Per fare un esempio, le raffinerie di petrolio che operano fra Siracusa ed Augusta, che producono quasi il 60% del carburante distribuito e utilizzato in tutta Italia, dovrebbero versare i loro contributi nelle casse regionali, non in quelle statali. Fin qui tutto bene; c’è solo un “piccolo” problema. Infatti, questa disposizione statutaria, in realtà, non è stato mai attuata; con la conseguenza che tali aziende, che prevalentemente hanno sede legale in altre regioni italiane, finiscono col pagare i tributi direttamente allo Stato, o comunque li versano nelle casse di regioni nelle quali non avviene la produzione. Tutto ciò ha comportato, e comporta tutt’ora, un’ingente sottrazione di risorse che legalmente spetterebbero alla nostra regione; e badate bene, qui non si tratta di bruscolini, ma di milioni di euro all’anno; il che, moltiplicato per gli anni in cui questa norma è rimasta disattesa, corrisponde ad un’ingente danno per le casse regionali. Alla faccia dei leghisti che sostengono che la Sicilia sottrae risorse allo Stato…
Ma, a questo punto, qualcuno potrebbe dire che comunque lo Stato finanzia la Regione attraverso altri canali, quindi in un modo o nell’altro, questi soldi tornano alla base; leggiamo quindi l’articolo 38 dello Statuto. “Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nella esecuzione di lavori pubblici. Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto della media nazionale. Si procederà ad una revisione quinquennale della detta assegnazione con riferimento alle variazioni dei dati assunti per il precedente computo.”
Questo “fondo di solidarietà nazionale”, chiamato anche “fondo perequativo”, era destinato a finanziare le spese in conto capitale sostenute dal Governo regionale, quindi aveva l’importante funzione di sostenere ed incrementare il PIL, notoriamente molto basso nel nostro territorio. Ma pensate che questa disposizione sia stata e sia ancora rispettata? Secondo i dati, tale fondo ammontava a circa 1800 milioni di euro annuali fino alla fine degli anni ’80; successivamente, tale somma è stata progressivamente decurtata, fino a giungere ad un minimo di 400 mila euro nell’anno 1998. Una notevole riduzione, ma c’è di più; nel periodo compreso fra il 1999 e il 2002, la Regione non ha più ricevuto questo fondo da parte dello Stato! Nel 2003 poi è stata ripresa la normale erogazione, ma sempre in quantità minore; l’ultimo dato risale al 2010, in cui l’ammontare del fondo è pari a 20 milioni di euro.
A dire la verità, per ben due volte la Regione ha presentato ricorso contro lo Stato, davanti la Corte Costituzionale, per i tagli al fondo di solidarietà nazionale; ma in entrambi i casi, prima nel 1987, poi 5 anni dopo, nel 1992, la pronuncia dei giudici costituzionali è stata negativa, ritenendo che il contributo “per quanto costituisca un obbligo costituzionale, non è vincolato sia per quanto riguarda l’ammontare che le modalità di erogazione, ad alcuna garanzia costituzionale” e che “l’ulteriore riduzione degli accantonamenti per il contributo di solidarietà è frutto di una valutazione non irragionevole del legislatore statale, in quanto riflette l’urgenza di arginare l’espansione del deficit pubblico senza alterare la complessiva rispondenza tra bisogni fondamentali della Regione e mezzi finanziari per farvi fronte” (cito testualmente dalle due sentenze emesse dalla Corte).

Un’autonomia concessa sulla carta, ma mai veramente attuata; una violazione di norme di rango costituzionale, grave, ma mai punita in quanto tale. Con questo, non voglio dire che la colpa della crisi (che dalle nostre parti è iniziata ben prima del crollo della Lehmann Brothers) sia da addossare interamente allo Stato; anzi, purtroppo per noi, i nostri amministratori regionali si sono sempre distinti per lo spreco del denaro pubblico. Ma allo stesso tempo, credo che sia doveroso denunciare la mancata attuazione di questa parte del nostro Statuto, la quale ha tolto e continua a togliere moltissime risorse alla Regione, e quindi pregiudica gli investimenti, i finanziamenti, e inoltre tradisce l’essenza stessa dell’autonomia, che dovrebbe rappresentare una marcia in più, e non un handicap.

Roberto Odisseo

1 commento:

Emanuel Butticè ha detto...

non posso che essere d'accordo...non è il solo caso di "autonomia concessa solo sulla carta"...siamo i primi in Italia per produzione di petrolio e paghiamo la benzina più cara d'Italia...ma le tasse la paghiamo al nord."Alla faccia dei leghisti che sostengono che la Sicilia sottrae risorse allo Stato…"?Ben detto!!!