lunedì, luglio 29, 2013

DE AMBITU

Che la questione sul voto di scambio è questione antica lo dimostra il diritto romano. È il 181 a.C. quando il console Marco Bebio Tamfilo istituì la “Lex Baebia de Ambitu” prima legge che rendeva illecita la corruzione politica e in particolar modo il tentativo di un candidato di influenzare il risultato di un'elezione attraverso corruzione o altre forme non corrette di propaganda. Circa 120 anni dopo, nel 61 a.C,  il tribuno della plebe Marco Aufidio Lurcone fece promulgare la Lex Aufidia de Ambitu: questa legge regolamentava le donazioni alla plebe, dei candidati obbligando il candidato che avesse promesso e pagato del denaro in cambio di voti e che avesse effettuato il pagamento a versare a vita 3000 sesterzi l'anno di multa, mentre esonerava dal pagamento quei candidati che non avessero pagato malgrado le promesse.
Discussione attuale è la riforma del voto di scambio politico-mafioso attualmente ferma in Commissione Giustizia in Senato. Dopo le prime indiscrezioni i primi commenti non sono stati proprio positivi: si va da chi la definisce una riforma da gattopardo a chi la definisce un favore alle mafie. “Chiunque accetta consapevolmente il procacciamento di voti con le modalità previste dal terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da 4 a 10 anni. La stessa pena si applica a chi procaccia voti con le modalità indicate dal primo comma”. Teoricamente quindi buoni spesa, benzina, bollette pagate e più chi ne ha ne metta fanno parte  nell'espressione “altre utilità”. 
Ma bisogna riflettere su alcune parole. La prima è “consapevolmente” cioè non secondo la scajoliana usanza del “a mia insaputa” ma deve essere dimostrata la consapevolezza del compratore. La parola “procacciare” sostituisce l’originaria “promessa” che rendeva assai meglio il momento iniziale dello scambio e il riferimento alle modalità del 416-bis comporta un’azione violenta che potrebbe non esserci. Toccherà aspettare nuovi ritocchi o almeno si spera. 
Ma il punto sul voto di scambio è: il voto di scambio è solo una questione politica o implica anche  una questione morale? E se quei voti che si presuppone siano stati comprati fossero determinanti nell'elezione di un sindaco? Senza girarci intorno il riferimento è: l'attuale sindaco di Alcamo è davvero il sindaco che gli elettori hanno votato? Alle scorse amministrative alcamesi la distanza tra il candidato vincente e quello perdente è stata di circa 40 voti e dalle indagini della magistratura sembrerebbe che vi siano dei voti acquistati, poi risultati determinanti nel risultato del ballottaggio.

È una questione morale prima che politica. Politica perché condiziona il risultato delle elezioni, falsando il risultato se il voto fosse stato totalmente libero, facendo eleggere amministratori che non erano nelle intenzioni dei votanti. Ma morale perché lede la dignità dei venditori di voti che per bisogno, a causa della loro situazione economica, decidono di non esercitare il proprio diritto in modo personale, eguale, segreto e soprattutto libero come indicato nell'articolo 48 della Costituzione. Ma ancora più immorali sono i compratori di voti, sapendo che un aiutino in termini di voti non fa mai male, bussano alla porta e promettono denaro o altro. Anzi ormai non si promette più ma si procaccia.

Michele Romeo

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