mercoledì, novembre 26, 2008

PROGRAMMA CAROVANA ANTIMAFIE (Venerdì 5 Dicembre 2008)


TAPPA DI CASTELLAMMARE DEL GOLFO
09.30
• Accoglienza Carovana (Corso Bernardo Mattarella)
• Stand lungo il corso Bernardo Mattarella
(Arcidonna, ACAL, Addio Pizzo, Libera, Libera Terra, Ass, Rifiuti Zero Trapani ONLUS)

10.00
SCUOLE ELEMENTARI (TEATRO APOLLO)
• Opera dei pupi “sul tema della mafia” a cura dell’associazione Edo ludos
• Lettura poesie
• Premiazione migliore poesia
La giuria sarà composta dai poeti del “Cenacolo” “V. Ancona” di C/mare del Golfo
• Lettura poesie composte dai poeti del “Cenacolo”
• Spettacolo clown

SCUOLE MEDIE E SUPERIORI (AULA CONSILIARE)
• Conferenza sul tema “Sottosviluppo economico, mafia e denuncia sociale”
Parteciperanno: Toni Mira, Luigi Miserendino, Giovanni Bulgarella
• Esposizione disegni e foto attinenti al tema che si protrarrà per l’intera giornata
• Premiazione miglior disegno e migliore foto

13.00
• Pranzo in Villa Margherita (pane cunzatu)

15.30
AULA CONSILIARE
• Proiezione cortometraggi
(a cura di Zeroeuro, EBM, ragazzi scuola superiore, efebocortogiovani, Libera, Rifiutizero)

18.00
AULA CONSILIARE
• Proiezione della puntata di BLU NOTTE “Trapani, coppole e colletti bianchi”
• Dibattito sull’argomento

21.00
TEATRO APOLLO
• Concerto gruppi emergenti

5 commenti:

Anonimo ha detto...

ma chi sono Toni Mira e Luigi Miserendino??

Anonimo ha detto...

siete on line su alcamo.it, e presto anche su agoravox.it. Vi ho inserito anche nel mio blog archivio e ho mandato la notizia ad un po' di amici giornalisti. Buona carovana. Alla prox. Fab

Anonimo ha detto...

GIOVANNI BULGARELLA. È un impasto straordinario di fierezza e coerenza. E ha il piglio di chi, per mezzo secolo, non si è voluto mai piegare, «o quasi». Giovanni Bulgarella è un cosiddetto “sovraesposto”. Uno di quelli che ha aperto il conto con la mafia, di cui ha denunciato la commistione con la politica e l’intrusione nei cantieri edili della sua provincia: Trapani. Terra di boss del calibro di Vincenzo Virga e di Matteo Messina Denaro. Quegli stessi cantieri che Giovanni Bulgarella ha imparato a conoscere appena tredicenne, dopo essere rimasto orfano di padre, e con una madre e due fratelli più piccoli da mantenere. Un lavoro, quello dell’operaio prima, e del carpentiere «specializzato in ferro» poi,
che ha fatto con energia per 38 anni, prima di andare a lavorare a tempo pieno per la Fillea Cgil, come segretario territoriale. Oggi, Bulgarella ha un incarico prestigioso: responsabile territoriale dei settori produttivi della Cgil. «Un compromesso», come lo chiama lui. Che gli permette «di girare più tranquillo, anche se il destino è segnato». Una condizione necessaria, determinata dopo un consiglio comunale straordinario a Paceco (provincia di Trapani) il 23 dicembre 2004, convocato per esprimere solidarietà al presidente Totò Pellegrino a cui la mafia, per lanciargli un segnale, aveva tagliato cento alberi d’ulivo. Fu in quella assemblea affollata e concitata che Bulgarella venne attaccato pubblicamente da un politico locale, Matteo Angileri dell’Udc. Che oggi fa il consigliere provinciale, eletto nella lista di Raffaele Lombardo (Mpa). E al quale Bulgarella rispose a tono, «soprattutto quando mi provocò dicendo che la mafia era
un’invenzione del sindacato». Fu un momento particolarmente drammatico, «un punto di svolta». A corollario di tante battaglie, «cominciate nel 1973, anno del primo incarico da delegato nel cantiere per l’autostrada Palermo-Trapani». Nel 1980, Bulgarella si ritrova a lavorare alla diga di Paceco, e scopre che «i delegati eletti erano stati tutti comprati dalla mafia». Arriva il primo scontro. «I camion che trasportavano i lavoratori erano gestiti dai mafiosi. Mezzi senza sponde, senza protezione. Un giorno un operaio cade e si fa male». Bulgarella allora convince gli altri a raggiungere il cantiere a piedi: «Sapevamo di arrecare un danno notevole all’impresa, che a quel punto tentò di comprarmi: dieci milioni in cambio del licenziamento». Ma Bulgarella rifiuta. «E loro mi sequestrano. Mi portano in una casa in costruzione, vicino a Salemi». Il sindacalista è minacciato e picchiato, e la mattina dopo viene abbandonato a tre chilometri da casa. «Gli avevo assicurato che il giorno dopo mi sarei licenziato». A casa, Bulgarella trova i compagni del sindacato e la polizia. Che, il giorno dopo, arresta uno degli uomini di Totò Minore, il boss che per anni aveva vissuto indisturbato frequentando i politici più in vista della zona, latitante da un anno. «E arrestano anche il capocantiere della diga». Nei tre mesi successivi, Bulgarella va al lavoro scortato dai compagni del sindacato. Non cammina mai da solo. Poi, una sera, tentano di ucciderlo. A quel punto si licenzia. «Non conoscevo gli aggressori, tranne uno: un autista di betoniera del cantiere iscritto alla Cgil». Nonostante le minacce, Bulgarella non si allontana. Cambia
solo impresa. Finisce alla Vittadello di Padova, incaricata di sistemare il letto del fiume Birgi. «Un’impresa che non voleva piegarsi alla mafia. Nel giro di un anno e mezzo gli hanno fatto saltare una decina di mezzi pesanti. Un giorno arriva il direttore generale, chiama i delegati e annuncia che l’impresa, finito il lotto, andrà via. Avevano appena fatto saltare una trivella. Così, ci siamo organizzati e abbiamo fatto le squadre che ogni notte controllavano il cantiere». Sono anni difficili. Anni in cui la morte in Sicilia bussa con il timer, o volatilizza le vittime. «Nell’86, la Cgil mi chiede di lavorare a tempo pieno». Per Bulgarella si moltiplicano le battaglie contro il lavoro nero, contro i soprusi della mafia, che ha cambiato fisionomia: «Niente subappalti: è lei stessa a vincere le gare, è lei stessa impresa». È anche il periodo «in cui il settore delle costruzioni è crisi, in cui nel trapanese non lavora più del 30 per cento degli operai». Le grandi imprese sono fuggite, perché la mafia comanda e non fa sconti. Nel ’99, Bulgarella è eletto segretario territoriale della Fillea. Incarico che fa schizzare in alto il numero degli iscritti. Nel 2000 va in una tv locale, Telescirocco, e «faccio i nomi delle imprese che non rispettano i lavoratori, che sono in odor di mafia». Il giorno dopo, Bulgarella viene convocato da Andrea Tarondo, sostituto procuratore di Trapani. A tre giorni dalla denuncia in tv - è il 28 marzo 2000 - «mi bruciano la macchina sotto casa. Mia moglie non esce più. La Cgil, proteggermi, mi manda un lavoratore edile, spaventato quanto me». Il magistrato Tarondo capisce che c’è bisogno di una scorta. Per motivi di sicurezza, viene anche allontanato da Trapani per due mesi, mentre i carabinieri gli controllano la famiglia e la casa. «Quando tornai, non ero più in condizioni di lavorare: a volte la scorta non arrivava perché mancavano gli uomini, e così mi costringevano a rimanere in casa, anche per giorni». Bulgarella allora decide di rinunciare alla protezione. Ma non alle battaglie. Fino al 23 dicembre del 2004. «Dopo la litigata in consiglio comunale ho ricevuto una visita di alcuni boss: il mio tempo era scaduto e non potevo più fare quel lavoro. Mi dissero che non ci sarebbero stati altri errori». Giovanni ne parla con il sindacato e le istituzioni. «Decidiamo che era arrivato il momento di mollare: mi sono dimesso da segretario degli edili il 7 maggio 2005, ma sono stato promosso responsabile dei settori produttivi». Ora Bulgarella vive nella consapevolezza che ogni “sgarro” si paga con la vita. «Ho chiesto più volte protezione, non tanto per me, ma per la mia famiglia: basterebbe una macchina dei carabinieri o una volante davanti a casa. Così, per dare un segnale». Da un anno Giovanni è diventato nonno, ma continua imperterrito per la sua strada. «Racconto cosa è la mafia e come si infiltra». E lo fa anche per conto del ministero dell’Interno, che organizza dibattiti in giro per Italia sulla cultura della legalità. «Ma se mi capita, qualche volta, torno anche in tv». A piedi, e senza scorte.
FONTE: Left

Anonimo ha detto...

TONI MIRA è nato a Roma il 5 gennaio 1954. E’ sposato e ha quattro figli. E’ caporedattore nella redazione romana di Avvenire, giornale per il quale da anni cura le inchieste e i dossier di approfondimento.
Dal 1989 è giornalista parlamentare e si è occupato in particolare del settore tra politica e giudiziaria seguendo, tra l’altro, le attività delle commissioni parlamentari di inchiesta e di controllo (Servizi di informazione e sicurezza, Stragi, Antimafia, Ciclo dei rifiuti, Bnl-Atlanta, Cooperazione allo sviluppo), la vicenda di “Tangentopoli” nel suo versante politico (le richieste di autorizzazione a procedere), il commercio delle armi.
Per due anni è stato capo ufficio stampa dell’AGESCI.
Da otto anni tiene una propria rubrica sui rapporti tra politica, ambiente e legalità sul mensile “La Nuova Ecologia” per il quale scrive anche inchieste sui temi dell’illegalità ambientale.
Collabora al mensile “Narcomafie”
Dal 2001 insegna al corso di giornalismo ambientale organizzato da “La Nuova ecologia”.
Tra il 2001 e il 2003 ha realizzato per “Raisat Album” (il canale satellitare della Rai) una serie 36 puntate dedicata alla “Storia delle rogatorie”; uno speciale per i dieci anni dalla morte di Giovanni Falcone; una serie di 55 puntate sul rapimento di Aldo Moro; uno speciale sugli interventi politici di Moro; uno speciale sul disastro del Vajont in occasione del quarantesimo anniversario.
E’ stato chiamato a collaborare a numerose iniziative (seminari e incontri su tematiche relative a criminalità organizzata, legalità, beni confiscati, ambiente, sicurezza scuole, informazione) della Conferenza episcopale italiana, Anci, Protezione civile, Legambiente, Cittadinanzattiva, Libera, Federparchi, Greenaccord, Università di Camerino, Regione Campania.
Nel 2006 ha coordinato gli incontri-seminari sui beni confiscati organizzati da Libera in Campania e collaborato alla realizzazione della prima edizione di “Contromafie” gli Stati generali dell’antimafia.
Nel 2007-2008 è stato docente del corso di formazione professionale sulla gestione dei beni confiscati, organizzato nell’ambito del Pon sicurezza del ministero dell’Interno e coordinato da Libera.
Nella passata legislatura è stato consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio Alpi-Hrovatin.
E’ stato vicepresidente dell’Associazione Stampa Romana, il sindacato dei giornalisti del Lazio.
Nel 2006 ha vinto il premio “Ambiente e lagalità”, assegnato da Legambiente alle persone che in vari settori si sono particolarmente impegnati nella difesa della legalità e dell’ambiente, e il premio “Il Parco in prima pagina” promosso da Federparchi, Regione Liguria, Provincia di Genova, Parco regionale del Beigua.
Nel 2007 ha vinto il “Premio Saint Vincent” per il giornalismo d’inchiesta, il maggior riconoscimento italiano nel campo dell’informazione.
Nel 2008, a Casal di Principe, ha partecipato come animatore al corso di formazione per la gestione dei beni confiscati organizzato dal Comitato don Peppe Diana, Libera e Csv-Assovoce.

Anonimo ha detto...

Luigi Miserendino – amministratore giudiziario della Calcestruzzi Ericina. La Calcestruzzi Ericina è un azienda confiscata al boss Vincenzo Virga.Cosa Nostra trapanese l' ha controllata per decenni per "monopolizzare" il mercato del calcestruzzo e controllare imprese e appalti, pubblici e privati, quando nei primi anni del 2000 magistratura e Polizia hanno scoperto che la gestione era dei boss e l' azienda è stata confiscata, è scattata un' azione di abbandono, attorno le si è tentato di fare terra bruciata e c' è stato il crollo delle commesse di conglomerato cementizio, pubbliche e private, infine nel 2003 era partito il tentativo di farla svendere per permettere agli amici dei "mammasantissima" di acquistarla e riportarla tra le mani dei capi mafia. Di mezzo però si mise un prefetto, Fulvio Sodano, che per salvare l' impresa un giorno convocò gli imprenditori di Trapani e disse loro che per gli appalti pubblici a parità di prezzo era da quell' impresa che bisognava comprare il cemento, non fu proprio sempre così e si scoprì quasi subito che il cemento veniva comprato da aziende che lo vendevano anche a prezzi più cari di quelli proposti dalla ditta
confiscata e gestita dallo Stato; poi un giorno dal prefetto Sodano si presentarono il presidente e il direttore di Assindustria di Trapani, un paio di imprenditori, che senza tanti giri di parole gli dissero che forse avrebbe
fatto meglio a liberarsi di quella impresa confiscata, di farla valutare e metterla in vendita, c'era già un acquirente pronto: il prefetto Sodano rispose che avrebbe valutato e li salutò, usciti gli ospiti dalla stanza alzò il
telefono e informò la squadra Mobile. Risultato? La ditta confiscata non è stata mai posta in vendita, le commesse di cemento sono arrivate nella forma sufficiente a garantire quantomeno all' amministratore giudiziario di mantenere l'occupazione degli operai rimasti fedeli dipendenti, chi voleva comprare l'azienda è finito in carcere, scoperto essere in combutta con i nuovi boss, quelli della "mafia sommersa", il prefetto Sodano però nel 2003 si trovò di colpo trasferito da Trapani, mandato ad Agrigento quando fino a poche ore prima gli era stato assicurato che da Trapani non era previsto che si muovesse, ha fatto però in tempo a lasciare una strada tracciata, sui beni confiscati nessuno poteva più pensare di tornare indietro. Quando si parla di beni confiscati alla mafia, in Sicilia, il primo pensiero va alla Calcestruzzi Ericina, perché è di questa azienda che stiamo parlando.
La Calcestruzzi Ericina da qualche giorno ha cominciato a lasciare il circuito dei beni confiscati, ma non nel senso desiderato dai mafiosi, ma rispettando la legge, è nata la cooperativa di dipendenti che ne assumerà il controllo, l'azienda è risanata, l’amministratore giudiziario può uscire di scena. In Italia è il primo caso di un bene confiscato che ritorna a pieno titolo nel circuito produttivo legale senza più il controllo dello Stato. L'impianto di produzione cementizia si trova nella zona industriale di Trapani, appena sotto uno dei cavalcavia della scorrimento veloce, per decenni è appartenuto al capo mafia Vincenzo Virga, era lui che lo controllava e condizionava gli affari, per un periodo nonostante un primo sequestro erano Francesco e Pietro, i figli del boss nel frattempo latitante, a riscuotere le fatture per il cemento venduto, lasciando l' amministratore con niente in mano, poi quando anche per i due rampolli di casa Virga arrivò il tempo delle manette, e ci fu anche la nomina di un nuovo amministratore giudiziario le cose cambiarono, sembrava che il "peggio" per la Calcestruzzi Ericina era inevitabile, la mafia non potendola più controllare aveva deciso il suo declino, la sua scomparsa, gli eredi dei Virga avevano deciso che il cemento lì non doveva essere più preso e nessuno veniva più lì a comprare cemento, i dipendenti che giravano si sentivano dire dai colleghi di altre aziende che insomma per loro con la Calcestruzzi Ericina non c' era futuro.