martedì, gennaio 21, 2014

Politica, partecipazione e indignazione



Politica e partecipazione. Binomio ormai consolidato ma nello stesso tempo obsoleto. Politica è partecipazione. Non si può parlare di politica senza la partecipazione del popolo, nelle piazze, nei palazzi del potere, nelle strade, sul web. La partecipazione del popolo dovrebbe essere alla base di una costruzione politica, di un progetto d’insieme per il bene comune. Non per forza dobbiamo identificarla nei partiti. Come cittadini dobbiamo fare politica in prima persona, come rappresentanti di noi stessi, per far valere i diritti dei singoli, ma soprattutto comuni.

L’ente pubblico, secondo il principio di sussidiarietà, dovrebbe essere la nostra seconda casa. Quello che succede dentro i palazzi del governo locale, o nazionale, ci riguarda direttamente. In un certo qual modo siamo responsabili in parte delle scelte, giuste o sbagliate che siano, commesse da chi ha il potere nelle mani. Chi ha il potere amministrativo gestisce i nostri soldi, quindi è a noi che deve dar conto. 

Abbiamo la piena facoltà di indignarci. Di lamentarci. Di dire: “non ci sto!” possiamo e dobbiamo farlo. Quando sentiamo che in un momento di crisi un Sindaco (il nostro) aumenta lo stipendio (tra l’altro già importante) di circa 850 euro mensili (per un totale di tredici mensilità) alla segretaria comunale, dovrebbe farci sussultare sulla sedia in quanto cittadini e contribuenti. In questo momento di profonda crisi, tale cifra comporta un schiaffo ad ognuno di noi. Uno per uno siamo stati schiaffeggiati tutti. L’aumento in questione comporta una spesa pubblica di circa 11 mila euro l’anno in più. L’aumento che poteva esserle corrisposto andava dal 10% al 50% e hanno scelto di optare per la percentuale più alta. Ma potevano anche non farlo. La questione è: era veramente necessario questo aumento visto lo stipendio già importante percepito dalla nostra segretaria comunale? Siamo liberi di indignarci, ma possiamo anche non farlo e restare in silenzio. Porsi la domanda vuol dire fare politica e partecipare alla vita cittadina, mostrando anche un minimo di indignazione.

C’è chi tira avanti la carretta con poco più di 800 euro al mese (chi anche con meno) e deve pagare TARSU, affitto, benzina e altre tasse che si aggiungono al lungo elenco. C’è gente che non lavora da mesi. C’è gente che non paga le tasse da mesi perché non ha soldi e sta lentamente scivolando in fondo. C’è gente che non mangia da giorni per pagare la bolletta. C’è gente che fa i salti mortali, rinunciando a qualcosa di importante, per pagare una tassa in un dato termine. C’è gente che non si indigna se una tassa viene postergata a scadenza già avvenuta, quindi dopo aver fatto i salti mortali per adempiere al pagamento. C’è gente convinta che la politica dell’ “amicizia” è quella giusta, che comporta la scorciatoia per arrivare al benessere finale. C’è gente che crede ancora nella “legge uguale per tutti” senza scorciatoie.

C’è gente arrabbiata, ma stanca di lottare. C’è gente che lotta ma troppo arrabbiata per continuare. C’è gente che lotta ma è stanca di gridare. C’è gente che grida perché è stanca di lottare. C’è chi lotta in silenzio per spirito di partecipazione ed infine c’è l’indignato rassegnato che non costruisce più nulla di concreto.

Torniamo a partecipare, anche e soprattutto con l’indignazione. Tutto il resto si costruisce automaticamente, partecipando alla vita politica e sociale del nostro, amato e martoriato, paese. 

Emanuel Butticè

1 commento:

Nicolò Prosa ha detto...

Bellissima analisi Emanuel, veramente dettagliata... Però non hai considerato che i castellammaresi sono contenti di questo perché almeno le cose adesso funzionano come una volta